Sport

Il gigante e il bambino Rossi e Marquez, talenti a confronto

Marc è un fenomeno, ma nella gara argentina Valentino ha dominato per esperienza e nervi

Valentino Rossi festeggia il successo nel MotoGp d'Argentina con la maglia di Maradona
Valentino Rossi festeggia il successo nel MotoGp d'Argentina con la maglia di Maradona

«Vale come Diego nel 1986». Scritto e detto in Argentina dopo la rimonta show di Valentino Rossi a Rio Hondo. Se il paragone reggesse fino alla fine, un dottore in stile Maradona può davvero mettere le mani sul decimo titolo Mondiale. Lo certifica la gara sudamericana in cui Rossi ha fatto la differenza al cospetto dell'altro fenomeno, quel Marc Marquez che nelle ultime due stagioni ne aveva raccolto l'eredità. Due cannibali, due campioni a confronto, ma in questo avvio di campionato Rossi è parso un gigante e Marc, nella corsa disperata per rialzare la moto dopo il botto... persino un bambino. D'altra parte ci sono 14 anni di differenza. E di esperienza. Fatto sta, nel primo vero duello ravvicinato, Rossi ha dominato ed è uscito allo scoperto. «Questa volta gli è andata male, ma se mi avesse buttato giù sarebbe stato un problema. Mi doveva buttare giù per vincere. Ci ha provato… a battermi». Sul fattaccio, vedi caduta, Rossi non ha avuto dubbi fin dal primo istante: errore dello spagnolo. Marquez ha abbozzato un ambiguo «hanno visto tutti quello che è successo, le immagini parlano da sole», poi ha ripiegato in un «queste sono le corse».

Sicuramente molto si giocherà sulla capacità di reggere la pressione. Marquez soffre Rossi. Già a Misano 2014 era caduto per tenere il passo del dottore. Ora l'Argentina. E poi mettersi a fare a sportellate con Valentino è sempre un rischio per la sua stazza. Ne sanno qualcosa Gibernau e Stoner. Il campione del mondo in carica non si è voluto accontentare del secondo posto, e questa non può essere una colpa. Ma forse solo l'incoscienza della gioventù, quella che non ti fa tenere a freno l'irruenza. Invece l'esperienza può fare la differenza, Rossi conferma. A Austin con Marquez in fuga, il nove volte iridato ha duellato a lungo con Dovi, ma quando ha rischiato troppo ha preferito accontentarsi del gradino più basso del podio. E non è poco perché con lo “zero” argentino, Marquez ora è dietro di trenta punti. Moralmente una botta.

Il “dieci” si può fare perché Rossi così in forma lo è stato poche volte in carriera. Lo ha già detto in Qatar e le due gare successive lo hanno confermato: è in uno stato psicofisico eccezionale. L'altro indizio che lo candida al Mondiale è il feeling con la Yamaha. Vale deve avere totale fiducia nella moto per azzardare traiettorie, staccate, strategie e scelte. La “prudenza” degli ultimi anni non era dovuta alla carta d'identità, ma più che altro a una confidenza condizionata nel mezzo. Quando c'è la fiducia, poi ci pensa lui a fare la differenza. Infatti questa Yamaha non è la moto migliore in griglia, Honda e Ducati sono più veloci, ma la classe di Valentino pareggia i valori o addirittura li ribalta.

E poi in comunicazione Rossi batte Marquez in partenza. Lo spagnolo dopo la “lezione” argentina ha detto: «Vale è sempre stato il punto di riferimento, da lui c'è sempre da imparare». Difficile da decifrare, molto più efficace il dottore: «Marquez ha capito che deve fare i conti con me: è importante…». Un bel modo per mettere pressione a chi appena vede la sua ombra va un pochino in confusione.

Fisico, confidenza nella moto e parole, così Valentino va all'assalto del “decimo”.

Commenti