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"Il Giro si vince con le gambe, questo l'ho vinto con la testa"

Arrivo trionfale per Contador che esalta Aru: "In lui mi rivedo in tutto". E sulla vittoria 2011 tolta per doping: "Ero pulito". Con quella sarebbe tris

"Il Giro si vince con le gambe, questo l'ho vinto con la testa"

Milano - E due! Anche se per lui sono tre. E sette! Anche se ad Alberto Contador il verdetto del Tour 2010 non va ancora giù: vittoria cancellata per via di quella positività al clembuterolo (lui si è sempre difeso fornendo la sua personalissima spiegazione: carne contaminata, ndr). Per lui i Grandi Giri sarebbero addirittura nove, perché conta anche quel Tour. La contabilità ufficiale parla di sette, e non è poca cosa.

«In ogni caso, il Giro del 2011 io lo vinsi da pulito, dominando la corsa e superando tutti i controlli che mi fecero - racconta lo spagnolo che vanta la "tripla corona", che significa aver vinto almeno una volta tutti e tre i Grandi Giri, come il nostro Nibali -. Io lo vinsi sulla strada, poi me lo tolsero con provvedimento retroattivo per la questione del Tour dell'anno prima. La motivazione? Quel Giro non avresti dovuto correrlo perché saresti stato squalificato. Se ci penso monto ancora di rabbia», spiega sereno ma deciso la maglia rosa.

Ieri pomeriggio l'ultimo atto di un Giro bellissimo. Bello e combattuto. Bello e povero: di grandi protagonisti. Questo va detto, senza esitazioni, senza se e senza ma. Tra un mese lo spagnolo tornerà al Tour, per dare l'assalto alla maglia gialla. Il suo grande obbiettivo stagionale è quello di fare il bis, di vincere nella stessa stagione le due più grandi corse a tappe del mondo.

Là, sulle strade di Francia, troverà il nostro Nibali, oltre a Froome, Quintana, Mollema, Valverde, Rodriguez e chi più ne ha più ne metta. Anche tra i velocisti la delegazione era ridotta all'osso. In pratica c'era solo André Greipel che poi è andato a casa. In Francia, tanto per gradire, ci saranno Cavendish, Kristoff, Degenkolb, Bohuanny, Demare e mi fermo qui. Una cosa è certa, uno spettacolo con troppi vuoti. Non esiste trama che possa sopperire all'assenza di grandi interpreti. La cosa bella è che al Giro, da Contador al nostro Fabio Aru, ragazzo di assoluto talento, hanno corso senza lesinare forze. Se le sono date di santa ragione tutti i giorni.

«Il momento chiave per la vittoria? Forse la crono di Valdobbiadene - dice lui -. Ma questo è un Giro che ho vinto sì con le gambe, ma molto anche con la testa prendendo decisioni rapide in momenti molto delicati».

Corre con la testa Alberto, ma questo Giro lo vince anche con il cuore. «A me piace l'Italia, tantissimo, anche perché da sempre sento di piacere a voi e io non ho abbastanza parole di ringraziamento».

Alberto Contador si gode la festa di Milano, in attesa di festeggiare nella sua Pinto, e alla Puerta del Sol a Madrid. Per la Spagna, adesso, è una vera icona sportiva. Dove collocarlo questo campione che fa collezione di corse a tappe? Merckx è a quota 11 (5 Tour, 5 Giri e una Vuelta): è inarrivabile. Hinault è a 10 (5 Tour, 3 Giri e 2 Vuelta). Anquetil è a 8 (5 Tour, 2 Giri e una Vuelta). A quota sette con lui ci sono Indurain (5 Tour, 2 Giri) e Coppi (5 Giri e 2 Tour). È in buona compagnia.

«Ma voi avete Vincenzo (Nibali, ndr), che è fortissimo, che non molla mai e che al Tour sarà un osso duro. Ma voi italiani avete anche Fabio (Aru, ndr): è stato un rivale che ha avuto momenti critici e ha sofferto in modo incredibile. Però ha reagito da campione. Che bravo.

Io in questo ragazzo mi ci rivedo totalmente».

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