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Gonzalez, il primo a fare vincere la Ferrari

Con Froilan Gonzalez è l'ultima espressione dell'automobilismo del dopoguerra a lasciarci. Diciamo pure in concomitanza con gli inizi del mondiale di Formula 1 e in parallelo con la parabola di Manuel Fangio. Infatti, come il cinque volte iridato, è giunto in Italia nel 1950, dopo una certa notorietà nella natia Argentina. Ancora esistevano, allora, piloti privati da prima fila. Ecco, questo è il primo punto importante, per la corrente di simpatia che ha riscosso. Ve lo immaginate, oggi, in Formula 1, un pilota che si compra la macchina e se la gestisce, anche con un aiutino del costruttore? Il secondo punto, da accomunare alla simpatia e alla giovialità, è quello della sua corpulenza. Ma, confesso, all'epoca non ci facevo caso, come tutti, del resto. Per noi, era "el cabezon", come lo chiamavano gli amici argentini, anche se la testa era in armonia con la corporatura. E quando lo vidi la prima volta, a Montecarlo, nel 1950, fui impressionato dalla cura che aveva per la sua Maserati privata. Pensate, l'aveva portata in prima fila, accanto alle Alfetta-compressore di Farina e di Fangio, esordiente di lusso e vincitore, chiamato dalla casa milanese, con il dissenso dei piloti nazionali, che si sentivano trascurati.
Se fosse giunto in Formula 1 soltanto una decina d'anni dopo, non avrebbe potuto calarsi in una monoposto. Il bello dell'automobilismo arcaico è che i piloti salivano ai vertici senza discriminazioni fisiche e cominciavano sulla trentina. Ma la fama "el cabezon" l'ha conosciuta soltanto l'anno dopo la sua apparizione a Montecarlo, dove il memorabile "incidentone" del primo giro (groviglio di dieci macchine) lo aveva coinvolto. Esattamente a Silverstone, portando una Ferrari alla prima vittoria nella storia del campionato mondiale. Enzo Ferrari era notoriamente un grandissimo conoscitore di piloti e l'originale piglio di Gonzalez l'aveva subito colpito. Una sua Formula 1 gliela affidò nella gara precedente, a Reims, assieme ai grandi Ascari e Villoresi. Però, non era ancora una macchina in grado di battersi contro le Alfa Romeo. Lui, "el cabezon" ci riuscì in Inghilterra. Era un ciclone. Pensate che fece la "pole" in 1'34"4 contro 1'44"4 di Fangio. Ricordo la sua foga. Correva a testa bassa, con l'intero corpo sporgente dall'abitacolo, sempre davanti ad Ascari, e ricordo di aver fatto un tifo tremendo per entrambi questi campioni, perché mi appassionava il confronto tecnico tra il motore aspirato V-12 di Maranello e il dominante otto cilindri sovralimentato.

E Gonzalez, eccellente anche nell'intero finale iridato (Nürburgiring, Monza e Pedralbes), ne è stato grande protagonista.

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