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Guarin, bullo e leader di un'Inter ritrovata

Icardi ko per influenza, il colombiano si scatena. I nerazzurri soffrono 30', poi la squadra migliora

Guarin, bullo e leader di un'Inter ritrovata

nostro inviato a Bergamo

Un attimo da bullo, una partita da leader- goleador per incorniciare una partita da Inter. Inter come la intende Mancini. Cioè squadra metropolitana. L'attimo da bullo di Fredy Guarin è scattato per celebrare il gol del 3-1, fantastico, attrattivo e spettacolare quanto quello del 2-1. Sempre roba sua, piede dolce, testa fredda, gesti da calciatore di qualità. Pollici dietro a segnalare il numero della maglia al pubblico di Bergamo: numero 13 che rammenta il 3-1. Sono fioriti i buuu! E stavolta non parlate di razzismo. Solo di stizzita risposta per un sano scorno. E lui si è scusato: «Non volevo insultare nessuno».

Vince l'Inter e la scaramanzia va in soffitta. Qui non capitava dal 2008, oggi tutto cancellato con 4 gol ed un assetto da squadra che sta ritrovando fiducia e credibilità. Allora Balotelli sorse dalla sinistra, qui Guarin è salito dal centrocampo come una sirena incantatrice. Mancini parla di errori: «Ancora qualcuno di troppo». Ma le facce sono da domenica della festa. Il tecnico si porta un graffio sul naso. «È stato il saluto con Osvaldo». E la battuta serve a regalare l'atmosfera. Seconda vittoria consecutiva del nuovo corso, e c'è Guarin che ci mette naso sempre. Tre volte, in qualche modo, contro il Palermo (3-0). Quattro volte ieri. Sette reti e sempre lui a dimostrare la qualità. Stavolta il piede chirurgico che aggira il portiere per il 2-1. E il calcio da lontano quando vede, interpreta e chiarisce di avere occhio lungo, colpendo palla per scavalcare Sportiello e firmare il 3-1. Tutti zitti e a bocca aperta.

Ma non solo i gol: il rigore, conquistato dopo 55 secondi, per un intervento goffo di Bellini. L'assist per mandare Palacio al 4-1. Un peccato vedere lo stadio di Bergamo così vuoto: con l'Inter è sempre stata partita da pienoni, anzi da pienone record. Stavolta il calcio sconta le sue storture. La squadra rimedia, mettendoci l'impronta per mezzora ma l'espulsione fessa di Benalouane, dopo 7 minuti della ripresa, manda tutti in cottura. L'Inter va in sofferenza fin quando tiene il ritmo folle degli avversari. La difesa è un eterno ballare con i lupi. Ranocchia e Juan Jesus sono due agnelli. Il capitano incespica, cade, regala, sbarella, si lascia affossare da Pinilla per l'assist che regala a Moralez la palla per il pari.

Il calcio ha una sua onorevole credibilità e la rete atalantina ha messo giustizia alle sbadataggini milanesi e ai precedenti errori di mira di Pinilla e Stendardo. La partita rimessa in parità, dopo 25 minuti, ha tranquillizzato l'Atalanta, agitato l'Inter, ricordato che giocava senza Icardi rispedito a Milano per problemi all'intestino. Poteva essere un problema, se Guarin non avesse estratto la classe dal cilindro suo. «La fiducia di un allenatore è fondamentale», ha raccontato il Guaro ricordando i tempi magri della mazzarrina, devastante influenza che forse sta passando. «Era strano quando non rendeva, ricordo Guarin al Porto: è sempre stato un grande centrocampista. Ora si è sbloccato, ha preso confidenza», ha sintetizzato Mancini.

Non sono finiti i guai, la Champions è a dieci punti di distanza, l'Europa league bussa a tempi difficili, ma l'Inter ha una ragione in più per sperare. Anche se tira ancora poco in porta: i nuovi arrivi servono all'uso ma non al gol. Shaqiri è tutto un frizzare, Brozovic una garanzia di consistenza pallonara, Podolski ancora un carro amato senza benzina e munizioni. La squadra alterna momenti di calcio vincente ad altri di calcio in evoluzione ma senza sicura definizione. Eppur si muove. E oggi la Primavera proverà a bissare l'idea, contro il Verona, nella finale del torneo di Viareggio.

Ci sarà anche Mancini. Bastasse la presenza…

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