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Honda s'illumina e un Milan spento ritrova la vittoria

L'esperimento di Bonaventura a centrocampo dura solo 40'. Nella ripresa gol di Muntari, poi il giapponese sale in cattedra

Honda s'illumina e un Milan spento ritrova la vittoria

Il Milan torna a casa e vince ma senza la fanfara. Sale a 11 punti prima della sosta e alla ripresa può vedersela con il Verona, una specie di duello rusticano. Il Milan vince col brivido, come al solito. Qui inteso come il contropiede velenoso concesso al Chievo tra il primo sigillo di Muntari e la seconda foglia morta di Honda che è una delle note positive. Senza di lui e Menez sarebbe buio pesto. Il giapponese è al gol numero quattro, mica male come perfomance. D'altro canto il recente dna rossonero è questo: se non rischia la pelle non si diverte, è come se fosse contagiato da un virus masochista. Ha bisogno di un tempo per prendere le misure e del secondo per sfondare il muro, in verità molto più fragile del previsto, costruito da Corini. Come si capisce al volo lungo è ancora il cammino dinanzi a Inzaghi che deve sciogliere una serie di nodi: 1) battezzare lo schieramento più utile e con quello andare avanti, senza lasciarsi influenzare da qualche perfomance negativa; 2) procedere al recupero di El Shaarawy che non è così mal messo dal punto di vista fisico; 3) cementare quelle crepe difensive che continuano a rappresentare un limite storico. Buon per Abbiati che la serata si concluda senza prendere gol ma è solo responsabilità diretta dell'attacco veronese: Paloschi, Lazarevic, Birsa e Maxi Lopez concludono assai poco.

Un tempo per annoiare e per trovare il filo del gioco, un tempo per darsi una bella sveglia e acciuffare i gol. Il Milan di questi tempi magri è così, incapace cioè di reggere per una serata intera a ritmi frenetici per mettere a dura prova la resistenza del rivale che regge per una frazione prima di cedere alla stoccata strozzata di Muntari dal limite dell'area. Il nuovo esperimento, Bonaventura mezz'ala, dura appena 40 minuti a dimostrazione che forse nemmeno Inzaghi è convinto della scelta tattica. E infatti al culmine della prima porzione di sfida, decide di correggere lo schieramento e di passare deciso e coraggioso, al 4-2-3-1, per intendersi lo schema B (qui vale come Berlusconi) che deve riportare un po' di pedine al posto giusto. Menez, in partenza sulla pista mancina, sembra svagato e anche mal disposto, Bonaventura non si trova a suo agio e tutta la manovra d'attacco del Milan s'ingolfa come il motorino di uno scooter sfiatato: indispensabile rimescolare le carte. Cui si aggiunge anche un po' di sprint complessivo che consente alle cadenze rossonere di trasformare l'episodico e prevedibile attacco in un vero assedio.

Non si tratta di un semplice cambio di passo o di una mossa da scacchi, si tratta invece di una modifica sostanziale: e infatti nel breve volgere di 25 minuti, la squadra di Inzaghi può addirittura apparecchiare almeno 4-5 golose occasioni. Torres sbaglia uno stop elementare, Muntari raccoglie al volo una respinta dal limite e la trasforma in un petardo, imprendibile per Bardi, Menez si scontra con un portierino niente male che ha le stimmate interiste prima del sinistro su punizione di Honda che mette in cassaforte il successo.

Aperta la scatola gialla, e concesso un clamoroso “buco” difensivo (Muntari che spalanca a Lazarevic la porta di Abbiati), il Milan ripropone i difetti e le insicurezze difensive di sempre che tolgono spessore alla sua classifica. Torres, al debutto da titolare a San Siro, chiude senza lampi e non può certo lamentarsi soltanto degli assist: cede il passo a El Shaarawy che debutta con uno scatto prodigioso (da cui nasce la punizione del 2 a 0) prima di servire l'assist a Bonaventura. Non sta così male, a giudicare dalle prime impressioni.

Forse è il caso di fare una scelta coraggiosa: o lui o Torres.

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