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I player si preparano ai risarcimenti per le vincite estere

La Corte di Giustizia europea ha dato ragione ai giocatori che erano finiti sotto il torchio del Fisco con l'operazione «All in». Ecco il piano dei legali

«Stante l'efficacia vincolante della decisione della Corte di Giustizia Europea, per i contribuenti interessati si apre la possibilità di chiedere il rimborso delle somme spontaneamente versate all'erario, nonché di valutare eventuali azioni risarcitorie in sede civile».

Così il commento di Max Rosa e Sebastiano Cristaldi, il team di legali e fiscalisti che hanno ottenuto la storica vittoria in Europa sull'operazione «All in» del Fisco contro le vincite degli italiani nei casinò esteri. E i poker players non se lo faranno chiedere due volte. «Se ci saranno errori e responsabilità appurate o si potrà andare avanti in questa vicenda io non mi tirerò di certo indietro», ha commentato ieri a caldo con Gioconews.it Cristiano Blanco, il «Bosman» del poker live italiano. E ancora: «Ho già sentito Cristiano ed altri e di sicuro utilizzeremo la sentenza della Corte di Giustizia Europea perché sono tanti i danni subiti e causati in questi anni da queste azioni nei nostri confronti», commenta Carlo Braccini, uno dei primi a presentare ricorso insieme a Blanco e Fabretti.

Dall'analisi di Castaldi e Rosa emergono elementi che possono porre le basi concrete per un'azione risarcitoria o comunque di rivalsa nei confronti degli accertamenti risultati dopo anni discriminatori a livello europeo. Vale la pena, però, di seguire il filo logico dei due legali. Soprattutto partendo dal rapporto di forza tra i due contesti, quello comunitario sovraordinato rispetto a quello nazionale. E spunta una situazione che avrebbe potuto bloccare molto prima gli accertamenti, forse illegittimi da tempo.

Ecco l'analisi di Rosa e Cristaldi: «Considerato che il rinvio pregiudiziale consente ai giudizi di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione, ma che la Corte non risolve la controversia nazionale, spetta adesso al giudice nazionale di rinvio risolvere la causa. Giova ricordare che la sentenza della Corte vincola egualmente anche gli altri giudici nazionali e degli altri Stati membri ai quali venga sottoposto un problema simile». Per la giurisprudenza della Corte di giustizia, i Trattati e il diritto adottato dall'Unione prevalgono sul diritto degli Stati membri. La Corte ha stabilito l'obbligo del giudice nazionale di applicare le disposizioni del diritto dell'Unione e di garantirne la piena efficacia, «disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante con la legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la rimozione in via legislativa o mediante il procedimento di illegittimità costituzionale».

Pertanto, è chiaro che la decisione della Corte ha efficacia vincolante per il giudice nazionale del rinvio e per ogni altro giudice di altro Stato membro. In altri termini si può dire che «i principi sanciti dalla Corte abbiano la natura di vere norme giuridiche di creazione giurisprudenziale, come avviene nei sistemi di common law, con efficacia naturalmente retroattiva, suscettibili anche di rimettere in discussione il giudicato delle corti nazionali».

Dal canto suo, la Corte costituzionale ha recepito da tempo questi principi. La posizione della Consulta al riguardo è ben sintetizzata nella sentenza 24 giugno 2010, n. 227, con la quale ha affermato che «questa Corte, fin dalle prime occasioni nelle quali è stata chiamata a definire il rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario, ne ha individuato il “sicuro fondamento” nell'articolo 11 della Costituzione.

Secondo i legali dei players italiani si può quindi dedurre che «l'amministrazione finanziaria italiana disponeva già dei precedenti individuati dalla Corte nella sua decisione per evitare di emettere avvisi di accertamento o per annullarli in fase di accertamento con adesione, come richiesto dai contribuenti, evitando così ai vincitori del gioco di subire i pregiudizi del contenzioso tributario.

Dalla decisione della Corte appare evidente che l'amministrazione abbia disatteso l'obbligo di interpretare e applicare le norme nazionali in conformità al diritto dell'Ue, perciò è auspicabile che nei giudizi tributari pendenti venga quantomeno disposto l'addebito delle spese di lite, subite dai ricorrenti, alla parte soccombente».

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