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I tormenti di El Shaarawy finiscono da Conte

Riscatto del Faraone dopo quasi due anni. Inzaghi: "Facciamo il 4-3-3 per lui"

Adesso si capisce tutto. Adesso si capisce la sofferenza bestiale del Faraone nel restare a lungo lontano dal Milan, dal calcio giocato e anche dagli onori della cronaca. Adesso si capisce e si coglie la fragilità nervosa del giovanotto, scoperta in modo vistoso sabato sera, subito dopo quel gol che pare avergli spalancato ancora la Nazionale e consentito di recuperare tutte le sicurezze smarrite in 600 e passa giorni di tormenti indicibili. Stephan El Shaarawy è fatto così, è ancora molto ragazzo, alle prime armi dal punto di vista calcistico, per non patire le critiche e le censure, il tradimento di ripetuti incidenti, oltre che le esclusioni, dolorose come fitte, inflittegli fin qui non per divertimento né per pregiudizio ma solo e soltanto per provocare la scintilla.

«Son contento per il gol ma sarei stato ancora più felice per l'eventuale successo del Milan, sfiorato e meritato» la frase del giovanotto con la cresta, prima di prendere la borsa della Nazionale e trasferirsi dai suoi, a Savona in attesa del viaggio a Coverciano, periferia di Firenze dove tutto può ricominciare. Anche la fiaba azzurra. Proprio come spiegato, in modo didascalico, dallo stesso Antonio Conte qualche giorno fa a Milano, in un salone di palazzo Marino. «El Shaarawy deve decidere se vuol diventare un giocatore top oppure no» fu la frase secca, come un colpo di accetta, capace di separare il male dal bene, i ritardi dagli squilli di tromba, gli errori di mira banali dai gol seminati in un passato neanche molto lontano che gli consentirono di arrivare in carrozza, senza poi giocare mai, alla Confederation cup, punto più acuto e internazionale, della sua crisi inspiegabile e misteriosa.

E invece adesso si capisce tutto. Si capisce che Stephan non ha ancora una corazza di acciaio, si capisce che per rendere secondo le attese ha bisogno di stare non bene ma benissimo, di correre più degli altri e di trovare, sullo slancio, anche il contributo del Milan capace di innescarlo in velocità, nell'uno contro uno, che è poi la sua specialità dichiarata. Adesso si capisce che dopo quella partenza a razzo con la Lazio (assist per Honda) e il successivo infortunio, patito proprio in azzurro, El Shaarawy arretrò pericolosamente fino a ricadere in una sorta di pozzo nero della condizione fisica difettosa e della fiducia ridotta sotto i tacchetti. Adesso si capisce che se il Milan tutto, inteso come squadra, lo esalta chiamandolo a giocare, ad arretrare, a difendere e a lanciarsi nelle incursioni sul binario di sinistra, allora il Faraone può togliersi dall'imbarazzo, dimenticare il passato triste y solitario , e ricominciare un'altra storia, un'altra avventura. Col contributo anche di San Siro e della Nazionale che tra una settimana approda proprio in questo stadio per ottenere altri timbri validi per l'europeo. «Per lui disegno la squadra col 4-3-3» continua a spiegare Pippo Inzaghi che questa volta, nei suoi lamenti riservati all'arbitro Orsato (per il rigore su Torres ignorato), riceve il silenzioso sostegno dal club.

Comunque si giochi, un posto per El Shaarawy adesso c'è e si capisce anche perché.

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