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Immobile giù, Belotti out. Cercasi centravanti per l'Italia in astinenza

Non abbiamo un Paolo Rossi, ma nemmeno un Toni o un Gilardino. E se provassimo Pavoletti?

Immobile giù, Belotti out. Cercasi centravanti per l'Italia in astinenza

Il verdetto è stato unanime questa volta. E poiché si tratta della Nazionale di calcio non è un evento frequente. All'Italia di Mancini, per completare la costruzione di squadra ammirata col Portogallo, manca soltanto un bomber, un centravanti insomma. Fin qui i tentativi del ct hanno sortito effetti mediocri. Ha cominciato con Balotelli presentatosi in ritiro con peso a tre cifre e ha chiuso sabato sera a San Siro con Immobile, lo stesso che un anno prima aveva contribuito all'apocalisse di Ventura. Il quesito più intrigante, per aprire il dibattito sull'argomento, è il seguente: cosa si può inventare Mancini per colmare questa gravissima lacuna? Nessuno ha la pretesa di scoprire un CR7 in salsa italiana ma almeno di recuperare quella manciata di gol sufficienti per fare strada nel prossimo Europeo. Giova, in materia, rammentare che il mondiale vinto da Lippi in Germania non fu scandito dalle prodezze balistiche di un bomber di fama, tipo il Pablito di Spagna '82. C'erano, a mezzo servizio, Toni e Gilardino, Inzaghi diede il suo egoistico contributo contro la Repubblica Ceca ma furono due difensori, Grosso e Materazzi, i protagonisti di quella storica e indimenticabile cavalcata.

Le risorse attuali sono note. Belotti è impigliato in un reticolo preoccupante che ha finito col frenare anche il Toro, Immobile è reduce da un avvio di stagione piatto e gli altri azzurri reclutati, Lasagna ad esempio, non hanno scaldato il cuore. Solo nell'Under 21 è possibile cogliere qualche tiepido segnale di risveglio nel ruolo (Cutrone, Kean) ma è molto presto per pretendere il salto nella Nazionale maggiore. In passato nazionali di grande spessore han fatto i conti con gli stessi limiti. Vicini, senza Vialli, improvvisò Carnevale prima di scoprire l'oro zecchino di Schillaci che ballò una sola estate. Sacchi, negli Usa, aveva Casiraghi non proprio un fuoriclasse nel ruolo, capace di sacrificarsi per assicurare varchi utili ai dribbling di Roberto Baggio. Son passati da Coverciano, senza lasciare grandi tracce, professionisti del gol come Pazzini, Quagliarella, meteore come Corradi. In cambio c'erano i Donadoni, i Baggio appunto, i Del Piero, i Totti che rendevano meno avvilente la contabilità.

Lo spiegamento di centravanti indigeni nel nostro campionato è molto ridotto. Juve, Napoli, Inter, Roma, Milan, Fiorentina hanno targhe straniere, al pari di Chievo, Genoa e Sassuolo, nella Samp resiste l'abilità balistica di Quagliarella. Forse l'unico esperimento da suggerire è quello di Leonardo Pavoletti, livornese tosto e risoluto, classe 1988, già ispezionato da Conte in uno stage, poi chiamato da Ventura senza gloria e da Mancini nella precedente tornata. È molto abile di testa, meno, molto meno di piede ma quando c'è da battagliare apre le ante del suo armadio (leggi gomiti) per imporre tempismo nel conquistare lo spazio e forza nel salire in quota.

Intendiamoci non è Riva ma almeno, in qualche curva di partita, può risolverla spedendogli cross calibrati in mezzo all'area.

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