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Inzaghi, il gioco, i gol una crisi a porta aperta

Atalanta e Denis mandano ko i sogni rossoneri. Niente schemi e Menez complica la vita a tutti. San Siro contesta, non basterà cercare rinforzi. Il tecnico: "Non potremo mai fare grande calcio"

Inzaghi, il gioco, i gol una crisi a porta aperta

L'orribile gennaio 2015 del Milan ha messo dietro la lavagna anche Inzaghi e la sua presunta rifondazione. Seconda sconfitta domestica in campionato, 1 punto in 3 partite, ottavo posto in classifica, la terza poltrona (occupata dal Napoli) lontana sette lunghezze che sono una specie di deserto da attraversare senza borraccia. Mai accaduta una partenza dell'anno solare così lenta e disastrosa, nei risultati e nelle perfomances: è anche questo il segno del declino che fa rima, in questo caso, con la parolina crisi. Nelle ultime due sfide, Torino e Atalanta, neanche il lampo di un tiro in porta come si deve (Bonaventura l'eccezione), nonostante la presenza e l'utilizzo di un nutrito numero di attaccanti (Cerci, Niang, Pazzini, Menez, El Shaarawy).

Se è possibile, non è nemmeno questo il deficit più inquietante denunciato ieri dal Milan al cospetto dell'Atalanta che ha una struttura calcistica di tutto rispetto. Senza ombre il suo successo: poteva risultare anche più rotondo nel risultato per via della traversa scolpita da Denis e un paio di contropiedi sprecati. Ha destato impressione la povertà del gioco milanista, la difficoltà clamorosa nell'avviare gioco, con le pedine ferme sul posto ad aspettare chissà cosa e l'assenza di schemi collaudati. Menez poi, invece di dare una mano, ha complicato la vita ai suoi sodali: neanche una giocata utile, qualche tacco di troppo, uno dei quali è stato rapito da Cigarini e trasformato nel contropiede velenoso dell'Atalanta. Eppure il francese, che è lo specchio fedele del Milan di queste settimane, è rimasto sul prato di San Siro per tutto il pomeriggio. La conclusione, amarissima, che chiama in causa anche e soprattutto il giovane tecnico, è la seguente: Empoli e Sassuolo, che non dispongono di una rosa più dotata di quella rossonera, giocano un calcio migliore. «Noi non potremo mai giocare un grandissimo calcio», è la sua convinzione. Perché? Possibile che il Milan non sappia fare di meglio se non allestire, testa bassa, per qualche sporadico contropiede?

Colantuono ha preparato una trappola semplicissima per salire in carrozza e preparare il blitz decisivo riuscito subito nel primo tempo. Ha disposto i suoi in modo da imbavagliare il Milan sin dall'uscita della palla dall'area di rigore. Mexes e Rami erano costretti a far girare palla continuamente perché non trovavano colleghi smarcati, pronti a saltare il rivale e far lievitare il gioco, che invece è rimasto fino in fondo mediocre. Nella ripresa il Milan si è limitato a un assedio sterile: un colpo di testa di El Shaarawy ha sfiorato il grosso bersaglio. Sportiello il portiere ospite si è dovuto esibire solo in una striscia di uscite coraggiose tra i gomiti rossoneri.

Alla fine Inzaghi è apparso stordito, come reduce da un incontro ravvicinato con Mike Tyson in un vicolo buio. «L'anno scorso eravamo a 20 punti dal terzo posto, ora siamo a 7 punti, devo scacciare le paure del gruppo, sono deluso e mi spiace, devo trasformare i fischi in applausi» la sua analisi. Ha tirato fuori un provvedimento antico: sospeso il giorno di riposo previsto per oggi. Ma non è l'impegno e nemmeno la buona volontà a far difetto. Quello che è mancato, ieri e non solo, è il gioco. E qui più che punizioni sono utili esercitazioni, ripetute fino alla noia, in modo da rendere certe giocate quasi automatiche. La feroce contestazione di San Siro, frequentato ormai da quattro gatti, è stato il sigillo a un'altra domenica da dimenticare. Il discutibile smalto di Montolivo ha contribuito a rendere ancora più avvilente la prova del Milan nonostante il cambio, nella ripresa, del sistema di gioco. Pippo è passato dal 4-3-3 classico al 4-2-3-1, gradito ad Arcore dove il presidente Silvio Berlusconi e sua figlia Barbara, hanno seguito l'ennesimo scivolone.

È inutile a questo punto, aggrapparsi al mercato delle prossime ore: non ci sono fuoriclasse in circolazione, non ci sono grandi cifre a disposizione. E se anche dovesse arrivare un difensore dell'argine sinistro, non modificherebbe l'assetto complessivo.

«Dobbiamo tornare quelli visti con Napoli e Roma» ha chiuso Pippo. E se quelle fossero state l'eccezione alla regola?

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