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"Io sono differente. E davanti alla mia Inter i rivali si arrenderanno"

Luciano Spalletti: "La bega più bella. Non sbagliamo acquisti e possiamo tornare dentro la nostra storia"

"Io sono differente. E davanti alla mia Inter i rivali si arrenderanno"

nostro inviato ad Appiano Gentile

Un'ora e mezza di conferenza stampa con un antipasto social. Un fiume di parole per tirare le prime spallettate, insomma per prendersi l'Inter. Luciano Spalletti ha lo sguardo «cattivo», negli occhi si legge determinazione. Come quando gli si chiede della concorrenza battuta per sedersi sulla panchina nerazzurra. Non fa una piega. Anzi, rilancia. «In che posizione ero stato messo, quanti ce ne erano davanti? Secondo me ce n'erano di più di quelli che pensate voi, più di due... Ma a me non frega niente - la risposta piatta - L'allenatore dell'Inter sono io e vi farò vedere che ci sto comodo, solo se vinco non sto bene. Io la sento come una sfida molto eccitante».

Perché l'Inter?

«Perché ci sono tutte le possibilità per riportarla dentro la sua storia. La vivrò in tutte le sue sfaccettature, in prima linea e da spettatore, voglio assorbire tutto quello che riguarda l'Inter».

Avrà un'identità precisa?

«Il 4-2-3-1. Ma dovremo far vedere dove vogliamo andare, essere forti per mentalità, carattere e qualità del gioco, così gli altri si dovranno far da parte. Altrimenti saremo noi a doverci scansare».

Si parte da un gap notevole?

«La posizione in classifica è anche scandalosa. La distanza fa capire che si deve cambiare alle radici, ci sono 10 partite in più da vincere».

Da dove inizierà?

«Io non sono più bravo di quelli che mi hanno preceduto, ma sono differente. Si lavora come dico io e chiedo ai calciatori di fidarsi perché sarò con loro al cento per cento, qualunque cosa accada».

Che cosa chiederà?

«Spirito di appartenenza, senza non ci sono risultati. È fondamentale onorare la maglia, io la vivo così qui e voglio che tutti in questa squadra la sentano come me».

Perisic e i singoli?

«È qualche anno che non vinciamo niente, dobbiamo fare qualcosa di diverso. Un calciatore non determina nulla. L'Inter forte deve essere l'Inter, non quello o quell'altro. Icardi è e resta il capitano».

Le regole di Spalletti?

«I calciatori della Roma li ho amati tutti, mi sto innamorando di quelli dell'Inter. E se sono amico solo se ti do una maglia, allora non voglio essere tuo amico. A proposito: uno che esce dal campo non voglio che mi saluti, qui deve essere tutto chiaro».

A Suning la unisce anche la voglia di spezzare l'egemonia della Juventus?

«Ho visto Inter-Juve l'anno scorso, non c'è tutta questa differenza di punti, le vedo vicine. Loro spesso sono bersaglio di cattiverie gratuite; sono bravi, ma il rispetto non va confuso con il timore. Non inciamperemo nell'ultimo gradino della scaletta...».

Con la Roma non c'è riuscito, anche per questo è andato via?

«Lì ero diventato quello che divideva anziché unire, eravamo dentro questo dubbio epocale del mito Totti. Se io non riesco a unire vuol dire che non ho fatto bene il mio lavoro, ero in difficoltà, li sentivo ovunque i rumors».

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«È un capitano di ventura. Fa parte della famiglia Suning, troveremo il momento di parlare».

Pioli s'è definito «potenziatore». Lei?

«Io vengo dal paese di Leonardo, spero che qualcosa di buono dalla sfera venga fuori. Mi alzo presto, vengo a lavorare e vado a casa avendo fatto il mio dovere. Non mi definisco, anche perché qui ci sono stati il Mago (Herrera, ndr) e lo Special One (Mourinho, ndr), due sciamani».

Messaggi alla società?

«Non bisogna sbagliare gli acquisti ed è meglio averli il prima possibile».

E ai tifosi?

«Lo slogan può essere: Più siamo, più vinciamo».

E il suo, di motto?

«Cito Herrera: Chi non dà tutto, non dà niente. E ci aggiungo lavoro e appartenenza».

Il primo obiettivo?

«Il risultato non deve essere occasionale, serve continuità».

Un esempio da seguire?

«Dico Dzeko: l'anno prima era uno da non uscirci nemmeno insieme. L'anno dopo ha ribaltato tutto con una stagione incredibile. Quello che adesso deve fare l'Inter».

Ha già fatto i conti con la negatività nerazzurra?

«Una signora mi ha detto: Ma lei è l'allenatore dell'Inter?. Come a dire chi te l'ha fatto fare... Ma è la più bella bega che mi potesse capitare».

Inizia l'avventura.

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