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Juve, pallate al Genoa a Borriello ne basta una

Attacco bianconero sempre spuntato: segna "Quaglia" poi il muro rossoblù. Alla fine il tecnico bianconero insegue l'arbitro per  un presunto fallo di mano di Granqvist proprio allo scadere 

Dal sito di Sportmediaset
Dal sito di Sportmediaset

Pari di sconsolazione per la qualità di questo campionato, che include an­che la sconfitta della Lazio. Juve signo­ra in tutto: anche nel regalare un po’ di suspence. Salvo la sceneggiata finale, Conte scatenato («Una vergogna», ur­la), per un rigore negato sul quale si po­trà discutere all’infinito. Signora puni­ta dal grande ex ( Borriello) nella sua cac­cia alla solitudine in classifica. Partita che manca di un rigore accertato per parte (ma il primo toccava al Genoa). Il terzo fa regola a sè. Juve solida, concen­trata, con qualche affanno dovuto ad as­senze e stanchezza, e con l’eterno toc­co in meno quando deve cercare la via del gol. Tante pallate al Genoa ma poi tanto fumo, alla faccia dei numeri sban­dierati da Marotta.

Se Anelka ha avuto tempo di guarda­re la tv, appena sbarcato a Torino ieri se­ra, avrà mutato il classico«Sono felice», che non nega a nessuno, in un più reali­stico «tutto qui quelli dell’attacco?».Co­sì è se ti pare, gli avrà sussurrato il vicino di poltrona. La Juve di ieri sera non è stata proprio quella macchina da guerra calci­stica che, in queste due stagioni, è riusci­ta a crearsi credibilità, solidità con annes­si successi. Juve un po’imbolsita soprat­tutto nel primo tempo. Sulla panca del Genoa, l’esordio di Ballardini doveva produrre una sorta di choc. E infatti, pronti via, Immobile ha fatto girar la te­staaBuffon, colpendounpallonechepo­teva diventare traditore. Ma poi tutto si è perso in quella nebbia calcistica di chi ha comunque dei problemi da risolvere. Il Genoa ha giocato con bella vivacità, ma scarsa pericolosità. La Juve ha sofferto qualche problema difensivo, ha avviato il motore del centrocampo senza mai au­mentare i giri fino a metà della ripresa.

Vucinic doveva essere di luna storta, per un tempo ha rischiato di proporre so­lo danni. Poi si è in parte riattivato nel sen­so giusto. Devastante, però, un interven­to di gomito nella sua difesa, che l’arbitro ha ignorato (o non ha visto) ma che chia­mava il rigore! Netto e sicuro il tocco, ed anche la volontarietà.
Insomma Juve con il piumino in ma­no e Genoa compatto e compresso, at­tento ad ogni passo soprattutto nella fase difensiva.Non c’è stato molto da divertir­si. Però è anche vero che il tifo juventino comincia a sbuffare sotto traccia per gli acquisti biancone­ri. L’idea Anelka non ha raccolto ovazioni, al con­trario. «L’acquisto sarà ufficiale tra qualche gior­no, aspettiamo il tran­sfer. È un’operazione a breve, con un accordo di cinque mesi e un’opzio­ne per un altro contrat­to »,siègiustificatoMarot­ta. Poi il bon bon del­l’idea Mattheus, inteso come il figlio di Bebeto che si è preso un sopran­nome calcisticamente nobile. Valesse.....

Ma il bello della storia è affiorato all’ottavo mi­nuto, quando Quagliarel­la, su invito di Lichtste­ner, si è fiondato sotto porta: tocco suo, contro tocco di Granqvist e gol. L’ironia del momento? Juve e partita messe a punto proprio dal gioca­tore destinato ad andarsene perche gli spazi si stringono con l’arrivo di Anelka. A quel punto il gol juventino ha messo in chiaro le difficoltà crescenti del Genoa. Ballardini ha provato a cambiare qualco­sa, inserendo Borriello e Bertolacci. Ec­co, appunto: 10 minuti e il «ripudiato», oggi centravanti del Grifone, ci ha messo la testa e il gol, sfruttando una debolezza di Barzagli. Poi il Genoa è rimasto in 10 (infortunio a Floro Flores) e la Juve si è fat­ta forte. Una trattenuta di Antonelli su Vu­cinic, in area, valeva il rigore. Poco dopo Giovinco ha calciato sul palo il pallone che valeva una punizione.Poi l’esordio di Stefano Beltrame, biellese di 19 anni, che ha caricato un tiro alla Pogba, devia­to da Frey. Infine il giallo. Granqvist che tocca la palla con il braccio (dopo un rimbalzo del pallone sulla gamba): a ri­gor di regolamenti odierni non era rigo­re.

In realtà lo era.

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