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Juve in Porto col minimo sforzo. E vince anche stavolta su rigore

Dybala risolve già nel primo tempo, poi i portoghesi restano in dieci per 50 minuti. E la promozione è una formalità

Juve in Porto col minimo sforzo. E vince anche stavolta su rigore

nostro inviato a Torino

La sentenza della Signora è sempre di rigore. Dal Milan al Porto, ma senza il corredo di polemiche maleducate perché ieri il palcoscenico era quello europeo. Ed è sempre Paulo Dybala il giustiziere, è la sua notte quella che qualifica la Juventus ai quarti di finale della Champions League. La Joya aveva promesso di voler essere decisivo anche in Europa. E mantiene l'impegno. Quarantacinque minuti gli bastano per spegnere le residue velleità del Porto dopo lo 0-2 del Do Dragao segnando dagli undici metri il secondo gol stagionale in Champions. La Juve entra così tra le migliori otto d'Europa meritatamente dopo due partite giocate in larga parte con l'uomo in più ma concedendo qualcosa all'avversario solo a qualificazione raggiunta.

Il ritorno è tutto di Dybala che parte forte con un paio di tiri in cinque minuti che peccano solo di precisione: uno è alto e l'altro è largo. Dybala ha voglia come se il rigore segnato al Milan gli avesse davvero dato una carica in più, anche questo rivelato nelle parole della vigilia. E in effetti la Juve si accende ogni volta con lui, che sia per una serpentina che manda in tilt quattro avversari e non si concretizza in un assist solo per una deviazione, oppure quando va di piede e non di testa su un cross di Higuain. Il gol non arriva e allora siccome un rigore tira l'altro dopo il mani di De Sciglio che ha deciso Juve-Milan al 97', arriva la parata di Maxi Pereira sul tiro ravvicinato di Higuain dopo la respinta di Casillas su Benatia. Il difensore uruguaiano viene anche espulso mentre Dybala è freddo come contro Donnarumma nel punire l'ex portiere spagnolo del Real Madrid che non può festeggiare con un penalty parato il record di presenze in Champions League, 175 una in più di Paolo Maldini. Gli ultimi quattro gol del numero ventuno bianconero sono arrivati tutti dal dischetto, questa sì una specialità della casa con l'eccezione di quello sbagliato a Doha in supercoppa.

Il vantaggio e la superiorità numerica, la seconda volta perché all'andata era stata la follia di Maxi Telles a lasciare in dieci il Porto, danno ulteriore tranquillità alla Signora vestita con il modulo a trazione anteriore e come all'andata murano i portoghesi. Anche perché come aveva detto sempre Dybala «noi difendiamo in undici e questa è la nostra forza». Dopo le parole anche i fatti come il recupero della Joya a fine primo tempo su un pericoloso contropiede portoghese: pallone sradicato dai piedi dell'avversario e Juventus Stadium in piedi per l'argentino. Brilla la sua stella in una squadra che dà prova di maturità nel non andare mai a forzare la giocata forte del vantaggio dopo i primi 90'. L'approccio forte è un messaggio al Porto per ricordargli che da venti partite europee la Juventus non perde nel suo fortino, striscia che si allunga a ventuno perché la squadra di Nuno Espirito Santo non porta pericoli se non nella ripresa con Soares che brucia Benatia ma tutto solo si fa ipnotizzare da Buffon in uscita. Poi lo imiterà anche Diogo Jota nel finale. Per il resto la partita si trasforma in poco più di un allenamento con Higuain a caccia di un gol che gli manca in Europa. Se proprio si vuole trovare il pelo nell'uovo la Signora non sfrutta l'occasione per sbloccare un attacco che sul palcoscenico europeo spesso va al minimo. Si chiude con la standing ovation, uno dei pochi sussulti di una curva silenziosa che stona, per Dybala re per una notte davanti ad Andrea Agnelli e John Elkann.

La Juve nel sorteggio di venerdì 17 dovrà incrociare le dita più per scaramanzia che altro perché anche le superpotenze non si fidano di questa Signora sempre più formato Champions.

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