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L'"amico" Tudor tra Conte e il lasciapassare dei sogni

L'"amico" Tudor tra Conte  e il lasciapassare dei sogni

I numeri dicono tanto, ma non tutto. Perché la gente a San Siro anche l'anno scorso era numerosa come in nessun altro stadio d'Italia, perché se stasera l'Inter batte l'Udinese arriva al derby da capolista e a punteggio pieno, ma 2 anni fa Spalletti vinse le prime 4 e 7 delle prime 8, ma l'atmosfera era un'altra, differente: là di stupore, qui di certezza, di forza. La differenza è proprio lui a trasmetterla: Antonio Conte, adottato a occhi chiusi dai tifosi dell'Inter, che evidentemente guardano più al CV (curriculum vitae) che al DNA (bianconero). «Io do tutto per il club che rappresento e per la sua storia, cerco di trasferire lo stesso concetto ai calciatori», chiosa il tecnico con malcelata soddisfazione per il modo in cui ha annullato quello che poteva essere il primo problema della stagione. Stasera c'è l'Udinese di Igor Tudor che prova a sbarrargli la strada dei sogni, lastricata di un crescendo di ostacoli da qui al 6 ottobre, quando l'Inter incrocerà la Juventus. «Vogliamo mantenere alto l'entusiasmo, è giusto che ci sia ma va dosato. L'Udinese è un'ottima squadra, dovremo fare attenzione».

Conte e Tudor sono stati compagni in bianconero per 6 stagioni, giocando insieme un centinaio di partite, compresa quella contro l'Udinese (altra coincidenza) del 5 maggio 2002, che fece scopa (bianconera) con un più ricordato Lazio-Inter dello stesso pomeriggio. Passato, che conta, ma che nessuno all'Inter vuole ricordare. Oggi contano le nuove ambizioni e i nuovi giocatori: Lukaku, Sensi, Godin, presto Barella, Sanchez non ancora, è troppo presto. «Sta lavorando bene, ma deve riannodare il filo della sua carriera. Altri campioni con me l'hanno fatto: quando sarà pronto ci darà una grossa mano».

Comincia la Champions, 7 partite in 23 giorni, come tutte le squadre che giocano le Coppe, ovvio pensare al turnover. «Sì, ovvio.

Ma ci serve anche un po' di tempo per lavorare, perché noi abbiamo cambiato molto, più di tutti: 10 giocatori e l'allenatore: la squadra deve assimilare il nuovo calcio».

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