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L'addio di Dennis alla McLaren è la fine di un'epoca

L'addio di Dennis alla McLaren è la fine di un'epoca

L'annuncio non è importante perché un miliardario inglese diventa ancora più miliardario cedendo la propria quota di azioni per 312 milioni di euro. L'uscita di scena dalla McLaren di Ron Dennis è importante perché segna la fine di un'epoca delle corse: di qua la F1 che sarà e di là quella che è stata. Di qua il Circus made in Usa che cerca più show, più vicinanza dei piloti al pubblico e anche fra piloti e piloti come la vicenda autostradale Vettel-Hamilton testimonia. E di là una F1 che non c'è più, quella degli uomini che l'avevano resa gallina dalle uova d'oro. Nel 2010 era uscito di scena Briatore, a fine 2014 il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo; a fine 2016 Bernie Ecclestone. Ora Ron Dennis.

«È la fine del mio tempo qui» ha detto lui. Nato meccanico, nel 1966, a 18 anni, sistemava già la Cooper di Rindt, nel 1970 era capo meccanico nel team di Jack Brabham e «poco dopo, per un'emergenza negli Usa che mi costrinse a gestire la squadra assente Brabham, compresi che sapevo fare pure quello...». E comprese che un giorno sarebbe entrato dalla porta principale, da proprietario di una squadra, la McLaren, seguito nell'avventura dalla regia Philip Morris. Era il 1980. Da allora 10 mondiali piloti e 7 costruttori, l'intuizione del telaio in carbonio di genio Barnard, e piloti come Lauda, Prost, Senna, Hakkinen ed Hamilton, che finanziò da piccino. Da allora a oggi un ostracismo netto verso quelli italiani e, soprattutto, l'onta della spy story con la Ferrari nel 2007 che gli costò processo, 100 milioni di multa e sputtanamento. E adesso, a 70 anni, la resa dopo aver tentato due volte, nel 2014 e 2016, di rilevare il gruppo McLaren dagli altri soci (i reali del Bahrein, 50%, e l'ex amico Mansour Ojjeh, 25%). Al suo posto ora ci sarà il principe Shaikh Mohammed bin Essa Al Khalifa.

La fine di un'epoca.

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