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Lascia Sodinha, il funambolo tradito dalla pancia

Piedi raffinati ma troppi chili: si ritira il brasiliano che incantò Brescia, Bari e Trapani

Tony DamascelliTutta colpa della soda di cui suo padre ingurgitava dosi industriali con rutto epocale. Così Felipe Monteiro Digo si è portato appresso il soprannome di Sodinha, ha giocato a fucibol, da brasileiro talentuoso, ha girato il mondo, è finito in Italia passando dalle Alpi all'Ofanto, nel senso Udinese e Bari, Paganese e Portogruaro, Triestina, Brescia, Trapani infine e all'eta precoce di anni ventisette ha deciso di fermarsi. I chili sono molti, dicono oltre gli ottantacinque, il piede è sopraffino, i guai fisici aumentano come i numeri sulla bilancia e l'atleta che sembrava una promessa resta soltanto una premessa. Si ferma, questa è la notizia: segnala il fatto che oggi puoi avere tutti i colpi del repertorio, tacco, rovesciata, dribbling, tiro ma se ai fianchi rotola la ciccia allora sei finito oltre che sfinito. Sodinha, in omaggio al soprannome, era un tipo frizzante anche fuori dal campo, qualche allenatore lo aveva messo in tribuna, lui si era ribellato con il Brescia mettendo in mora la società che da quattro mesi non gli versava il dovuto.Non è il primo caso di calciatore obeso. Tralascio Cassano che abbonda ogni tanto, ma nello stesso Bari dei bei tempi ci fu un trequartista alessandrino che per me e per molti era più forte di Gianni Rivera ma tendeva alla fase Bibendum, si chiamava Mario Fara, il pallone tra i suoi piedi era di seta, a Bari lo avevano ribattezzato u gress, il grosso, altrove transatlantico. Aggiungo Bruno Nicolè, attaccante del Padova, della Juventus e a ventuno anni capitano della nazionale, costretto poi dai chili a fermarsi a 27 anni prima di maturare completamente. A Felipe il brasiliano è andata male ma ora può rifarsi.

Ha deciso di avviare la carriera di procuratore, offrirà i suoi pezzi migliori, qualcuno dirà a peso d'oro.

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