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Leggenda finita Prima volta in B per l'Amburgo tabù della Juve

Tony Damascelli

L'orologio del Volksparkstadion si è fermato ieri pomeriggio. L'Amburgo scivola in serie B. Dopo cinquantacinque anni la storia, esclusiva, unica, gloriosa per la Bundesliga, si conclude con una inutile vittoria sul Borussia di Moenchengladbach. L'Hamburger Sport-Verein, più comunemente per noi l'Amburgo, cancella il proprio record di club più antico di tutta la Germania, mai retrocesso e vincitore di sei campionati, una coppa dei Campioni, 1 coppa delle Coppe e due intertoto. Ho scritto coppa dei Campioni? Ebbene dopo trentacinque anni da quella notte di Atene, in cui Felix Magath mandò di traverso i sogni di Platini, Boniek, la famiglia Agnelli e i tifosi bianconeri, facendo godere una ciurma di giornalisti italiani che coniarono una medaglia d'oro da consegnare al tedesco goleador, dopo quei giorni indimenticabili, oggi è il giorno della vergogna. La squadra di Uwe Seeler e di Hrubesch, di Kaltz e di Kevin Keegan, due volte Pallone d'oro, la squadra dei dinosauri nata da un sodalizio tra il Der Hohenfelder Sportclub e il Wandsbeck Marienthaler Sportclub, la squadra battuta da due gol di Kurt Hamrin nella finale di coppa delle Coppe contro il Milan di Rocco, la città degli esordi dei Beatles, si ritrova ai margini della grande Germania, umiliata, la sua squadra di football ormai lucertola e non più dinosauro.

Non c'è spazio per la nostalgia, la sala dei trofei ha le luci spente, come l'orologio dello stadio, la clessidra digitale che ha segnato la leggenda, viene affumicato dal lancio di fumogeni, bengala e altri oggetti pirotecnici lanciati dagli ultras della tribuna nord, la polizia in assetto da antiguerriglia occupa il campo, gioco interrotto, l'arbitro Brych manda tutti fuori, poi riprende per un minuto, l'ultimo.

E' la fine di una partita, è la fine di una storia, lunga cinquantaquattro anni, duecentosessantadue giorni, quindici minuti.

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