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L'eterno tabù delle bandiere dietro la scrivania

L'eterno tabù delle bandiere  dietro la scrivania

S e un pianista vi dicesse di essere un ottimo conoscitore della musica, non avreste motivo di dubitare. Ma se poi aggiungesse di sentirsi un ottimo direttore d'orchestra potreste sollevare il sopracciglio: son mestieri diversi, servono studio, competenza, esercizio, non solo conoscenza. I nostri calciatori sono pianisti, e troppo spesso si sentono anche direttori d'orchestra, una volta chiuso con il gioco. Per sintetizzare: non vale il siamo tutti Boniperti. Il presidentissimo della Juve è stato unico nel genere, non irripetibile se i calciatori di oggi pensassero meno ai social e più allo studio delle materie che aiutano a non improvvisarsi manager. Fabio Capello venne mandato a scuola da Berlusconi e, per qualche anno, apprese l'arte e la mise da parte, senza poi riutilizzarla. Probabilmente avrebbe avuto successo.

Non stiamo parlando del tradursi in procuratore o allenatore, magari direttore tecnico perché così i giocatori li scelgo io, che conosco bene il calcio. No, il pallone ha prodotto bandiere da sventolare: Facchetti, Baresi, Bettega, Del Piero, ora aggiungete Totti e la trafila dei campioni del cuore, ma fatica a trovare calciatori-dirigenti, veri manager in grado di condurre un club, se non una federazione. Negli altri sport qualcuno ce l'ha fatta. Nel calcio Giorgio Chinaglia provò a diventare presidente della Lazio. Dino Zoff fu presidente bandiera, come Facchetti. Mazzola e Rivera cercarono di tener la rotta per Inter e Milan, eppure tutto è finito nel dissolversi davanti a bilanci e competenze. Demetrio Albertini si è provato in federazione: senza incidere. Nedved lavora dietro le quinte. Oggi il Milan propone Paolo Maldini e Zvone Boban. Ma Paolo non ha alcuna esperienza, Boban se la sta costruendo: ha messo piede nella Fifa, difficile pensare non abbia messo testa nello studio della professione. Il giocatore bandiera non si ammaina mai, ma il giocatoredirigente non nasce innanzitutto nella testa dei calciatori. Colpa del nostro mondo del pallone o della impreparazione mentale, culturale, sociale, personale degli ex giocatori? Chiellini si è appena laureato e forse insegnerà qualcosa a tanti. Buffon poteva instradarsi alla dirigenza (Juve), ma per un paio di anni avrebbe dovuto sbuffare, soffrire, caricarsi dell'umiltà dello studente. Il caso Totti dice che gli ex cercano strade facili.

Sennò fanno gli offesi, dimenticando che i padroni non fanno gli 'O fessi.

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