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L'Italia dei nani a caccia del colpo contro i fenomeni

L'ultima vittoria Gibilisco nell'asta nel 2003. C'è anche stavolta. Le speranze tricolori: Trost Greco, Straneo e Rigaudo, signore della fatica

L'Italia dei nani a caccia del colpo contro i fenomeni

Se Pietro Mennea volesse dare un occhio da lassù farebbe un piacere: potrebbe essere utile. Nel nome e nel ricordo di Mennea, l'Italia dell'atletica porterà sulle maglie il logo dedicato a un grande campione. Ma poi sarà in grado di emularlo, celebrarlo, onorarne il nome? Se così fosse, sarebbe miracoloso. Domani partono i mondiali di atletica a Mosca, la città e lo stadio nel quale Mennea vinse una spettacolosa gara e un spettacolare oro olimpico. Sul podio con lui c'era Don Quarrie, un fantastico giamaicano che non è il Bolt di oggi ma dava un'immagine più pulita rispetto alla Giamaica di oggi. E Mennea regalava un'immagine più vincente rispetto alla nostra atletica. Ci sono evoluzioni e involuzioni.
Oggi l'Italia dell'atletica è una cugina poverella rispetto a quell'immenso mondo che comprende 206 nazioni, 1974 iscritti, e che distingue ancora la regina degli sport come la più difficile dove emergere e vincere. Un mondo immenso, la manifestazione più importante dell'universo dopo le Olimpiadi, anche se il calcio non sarà d'accordo. Quando ci esaltiamo per le medaglie della Pellegrini o per gli ori della scherma, senza andare troppo lontani, ogni volta dovremmo andare a ristudiarci la carte geografica dell'atletica composta anche da piccoli paesi, isole o atolli che sfornano campioni, per capire quanto sia più difficile vincere. Quest'anno gli azzurri hanno la flebile speranza di far pari o superare le scarse medaglie del nuoto: non succede da anni, sarebbe un'impresa.
Nelle precedenti 13 edizioni mondiali, l'Italia ha conquistato 38 medaglie. L'ultima due anni fa: il bronzo di Antonietta Di Martino nell'alto di Daegu. L'ultimo oro toccò a Giuseppe Gibilisco, nel salto con asta a Parigi 2003. Lo zero (medaglie) risale a quattro anni fa, a Berlino. Ma questa è una nuova Italia ha raccontato Daniele Greco, il triplista che più di tutti potrebbe carezzare il podio calcato da Mennea. Nuova Italia numericamente inattesa per quel che passa il convento: 57 atleti (31 uomini, 26 donne), seconda di sempre in quanto a numeri. Ci saranno le quattro staffette che, di solito, sono il segnale di un piccolo benessere.
Il benessere azzurro quest'anno sarà garantito appunto dai triplisti: Greco reduce da una stagione ad effetti speciali, accompagnato da Fabrizio Donato (terzo ai giochi di Londra) che ha i numeri ma i muscoli raramente lo sostengono. Italia che miscela vecchio e nuovo, giovane età e carta d'identità da capelli ingrigiti. Dici giovane e pensi ad Alessia Trost, nostra signora dell'alto ora che la Di Martino siede nel salotto di casa. Venti anni, friulana quindi tosta, oro agli Europei Under 23 di Tampere, quinta misura mondiale dell'anno: l'1,98 realizzato in Finlandia. Alessia ha sulla carta gambe per i due metri, come ha dimostrato in inverno: misura rimasta imbattuta nella lista mondiale in sala. Medaglia? Certo, se qualche avversaria avrà il mal di pancia o si sveglierà male, nonostante l'assenza di Blanka Vlasic. Difficile che si infili nella sfida tra la Chicherova e la Barrett, oro e argento a Londra. Poi che dire? Largo ai vecchioni. Valeria Straneo, 37 anni, scoperta della maratona dopo l'ottavo posto di Londra: risultati e condizione parlano per lei. Metteteci Elisa Rigaudo (33), nostra signora della marcia, chissà mai che stavolta in Russia tutti marcino alla pari. A Giuseppe Gibilisco (34) non si nega mai una parte da protagonista, magari Simona LaMantia(30) imbrocca il salto della vita.
Sì, certo, può sembrare una squadra di nani nel mondo di Bolt e Mo Farah (5000), di Bondarenko (alto) e Kirani James (400 m.), Isinbayeva (asta) e Lavilennie il francese che volerà oltre i sei metri.

Ma prendiamo per buono l'invito del presidente Giomi: «Onoriamo l'Italia e dimostriamoci fieri di essere l'Italia dell'atletica».

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