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L'Italnuoto si scopre fragile nell'acqua di Rio. Lasciare casa è la svolta per il salto di qualità

Atleti legati al loro ambiente e ai tecnici: la via vincente sono i centri federali

L'Italnuoto si scopre fragile nell'acqua di Rio. Lasciare casa è la svolta per il salto di qualità

RIO DE JANEIRO - Due quattordicenni s'incrociano a bordo vasca di una piscina comunale in un paesino di provincia. Sanno che da lì a poco si tufferanno, nuoteranno, sfideranno di nuovo. Si vedono più o meno ogni due settimane. Uno vincerà, l'altro perderà. Anno dopo anno, i due bambini diventati adolescenti hanno capito di essere forti per davvero. "Vincevamo quasi sempre noi. Una volta io. Una volta lui, Gabriele". Gregorio Paltrinieri racconta di sé, racconta di Detti, racconta di quei due bambini e ragazzini ora diventati campioni. E l'Italia a quei due ex bambini, stanotte, si è aggrappata disperatamente nella speranza di andare a prendere la medaglia più importante dell'intera spedizione olimpica: l'oro nel nuoto, 1500 stile.

Comunque sia andata, la questione però non cambia. Il nuoto uscito rinfrancato dalla spedizione mondiale di Kazan 2015 (3 ori, 3 argenti e 8 bronzi) e fortificato da quella europea di Londra, a maggio (5 ori, 7 argenti e 5 bronzi), questo nuoto è da oggi alle prese con un processo di profonda revisione alla base. Non è tanto una questione di tecnici ma di testa, di approccio, di volontà degli stessi atleti. Siamo di fronte a un allarme che sarebbe ingeneroso definire bamboccioni, mediandolo dalla sgradevole definizione che anni fa diede dei ragazzi italiani "troppo comodi e sempre a casa" il ministro Padoa Schioppa. Nel nuoto non esistono e non possono esistere bamboccioni. Troppi i sacrifici da affrontare, troppe le ore da dedicare all'allenamento, troppe le privazioni. Però in Federazione, risultati alla mano, si stanno accorgendo che il vero salto di qualità del singolo arriva soprattutto dopo che ha deciso di affidarsi ai centri ufficiali dell'italnuoto, dicendo addio alle piscine locali (spesso di 25 m) e ai tecnici che li hanno scoperti e lanciati. Molti degli atleti casalinghi qui sono infatti affondati.

"Io e Gabriele fin da piccini abbiamo sempre fatto le gare insieme, uno contro l'altro. Era bello sentirsi i più forti. Però lo eravamo lì, nelle nostre zone, ci mancava il salto di qualità. Per questo un giorno ci siamo detti 'dai, visto che ce l'hanno offerto, proviamo ad andare insieme ad allenarci al Centro Federale di Ostia... Ecco. Da quando mi sono spostato, nel 2011, il salto di qualità l'ho avuto subito. Allenarsi col Moro (Stefano Morini, tecnico federale) ha fatto la differenza sia per me che per Gabriele".

Il ct dell'Italnuoto, Cesare Butini, non si nasconde. "L'olimpiade non è andata come ci saremmo aspettati". Errori da parte federale ci sono stati (qualche giovane potenzialmente da finale lasciato a casa) e certe procedure andranno analizzate. Per Butini però i Giochi mettono a nudo ansie e deficit di preparazione dei ragazzi. "La differenza alle olimpiadi, dove tutto è più dispersivo rispetto a Europei e Mondiali, la fa la convinzione del singolo. Dovremo educare gli atleti...". Che poi è un modo per dire: lasciate casa, venite da noi che così la confusione di un'olimpiade non vi destabilizzerà e renderete al massimo. Greg, Gabry e Federica ne sono un esempio.

Greg che prima dei Giochi diceva: "Io ho bisogno di tornare a casa periodicamente, ma in certi periodi non mi allontanerei mai dal mio tecnico e da Ostia".

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