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L'Ue, i governi e il «terremoto» delle accise

di Pierluigi Bonora

Persiste sulla mobilità a motore l'incubo accise, le stesse che l'ex premier Matteo Renzi si era impegnato a «pulire entro l'anno», definendo «ridicole» quelle riferite alla guerra d'Etiopia eccetera eccetera. Impegno puntualmente non mantenuto. La sparata di Renzi, avvenuta il 23 maggio 2014 a Porta a Porta, è diventata virale. Caduto il suo governo, il problema è rimasto. Ed è tornato d'attualità, visto che l'Ue chiede all'Italia 3,4 miliardi, pena l'avvio di una procedura d'infrazione. Probabilmente le alchimie del governo Gentiloni riusciranno a evitare l'impopolare ritocco delle accise sui carburanti, anche perché gli automobilisti si legherebbero al dito pure questo provvedimento in vista delle prossime (quando?) elezioni. Ma fino a quando le stanze dei bottoni riusciranno a evitare l'ennesimo salasso a carico del settore? Il «bancomat» targato automotive, come ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Mestre, continua a dare, soprattutto in funzione delle tante e vecchie accise sui carburanti. L'esempio portato è quello relativo alle ricostruzioni di cinque aree colpite da altrettanti terremoti nell'ultimo mezzo secolo: Belice (1968), Friuli (1976), Irpinia (1980), Abruzzo (2009) ed Emilia Romagna (2012). E sugli eventi sismici in Centro Italia a partire dal 24 agosto scorso, la stessa Cgia afferma - in linea teorica - che per i primi interventi di messa in sicurezza e avvio dei lavori in questi territori, in soli 5 mesi gli italiani hanno versato all'Erario 1,8 miliardi. Cifra scaturita tenuto conto delle accise permanenti sulle ricostruzioni riguardanti, appunto, Belice, Friuli, Irpinia, Abruzzo ed Emilia-Romagna. Da qui la seguente considerazione di Zabeo: «Gli italiani continuano a pagare delle imposte che sono state introdotte per fronteggiare gli effetti negativi causati da calamità naturali che, in massima parte, sono stati risolti. A questo punto, correttezza vorrebbe che tali risorse, che continuiamo a pagare quando facciamo rifornimento con la nostra auto, fossero utilizzate per fronteggiare le nuove emergenze come quelle che hanno colpito il Centro Italia, e non voci di spesa che nulla hanno a che vedere con le finalità per cui sono state introdotte». No, quindi, a un possibile ennesimo aumento delle accise. Si guardi piuttosto agli sprechi e alle mancette che hanno mandato per aria i conti.

«Fuorigiri» è su motori.

ilgiornale.it

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