Brasile 2014

L'Uruguay con Suarez per tentare l'impossibile

Tabarez ritrova il bomber: "Giochiamo due finali". Per battere gli inglesi la Celeste si aggrappa alla storia

L'Uruguay con Suarez per tentare l'impossibile

Toglieteci tutto, ma non il dulce de leche. L'Uruguay sembra aver scoperto il vero colpevole del naufragio contro la Costarica: la mancanza del dolce più buono di tutto il Sudamerica, una via di mezzo tra il creme caramel e il tiramisù, sequestrato alla spedizione Celeste dalle autorità doganali perché in Brasile è vietato importare il latte o i suoi derivati senza apposita certificazione. Che la comitiva al seguito di Oscar Washington Tabarez, ovviamente, non aveva portato. Altro che sabotaggio delle termiti nel letto di Muslera, la cattiveria dei brasiliani, che arriva da lontano, dall'incubo perenne del Maracanazo, è arrivata fino a questo punto: pur di rimandare a casa presto Cavani e compagni, hanno pensato di sottrarre alla loro dispensa il segreto delle loro energie. E così qualcuno ha trovato il modo di spiegare il tracollo nel secondo tempo con la mancanza di calorie.
Ma in realtà l'Uruguay ha mostrato contro i costaricani una débâcle dovuta all'usura di una squadra che gioca da almeno sei-sette anni con gli stessi uomini, una formazione che ha avuto un ricambio ridottissimo da Sudafrica 2010 ad oggi e che ha fatto la fine della Spagna, con la differenza che mentre Del Bosque poteva andare a pescare in un bacino di utenza molto più vasto, il povero Tabarez deve accontentarsi di quel poco che c'è dietro le prime linee. Tanto che l'uomo nuovo, Stuani, è stato tra i più deludenti del debutto mundial.
D'altra parte va ricordato che l'Uruguay è un miracolo della storia del calcio, che ha vinto quello che ha vinto e viene sempre considerato sullo stesso piano delle altre grandi, pur rappresentando il Paese più piccolo tra i 32 finalisti di Brasile 2014. Quando si parla delle grandi del calcio sudamericano si tende sempre a mettere l'Uruguay (3 milioni e mezzo di abitanti) sul piano dell'Argentina (40 milioni) e del Brasile (addirittura 200), ma fisiologicamente non può essere così.
All'Uruguay del debutto, però, più che il dulce de leche, è mancata la caratteristica che gli ha sempre permesso di stare tra le grandi, quella “garra” (la grinta) che sembrava più nell'animo della Costarica che in quello di Diego Lugano e soci. Solo Maxi Rodriguez se n'è ricordato alla fine, quando ha sfoderato la randellata che gli è costata l'espulsione.
Così oggi contro l'Inghilterra, Tabarez sarà costretto a frugare nelle retrovie anche per sostituire il terzino destro, oltre a capitan Lugano bloccato da un problema al ginocchio. Ma in mancanza di nuove leve dovrà riciclare Alvaro Pereira, vecchia conoscenza interista oggi al San Paolo, un'altro della generazione d'oro dell'ultimo mondiale. La vera novità però sarà davanti, dove finalmente può rientrare Luis Suarez, il vero grande alibi di Tabarez nel primo incontro: anche quattro anni fa, finché il bomber del Liverpool è stato in campo, l'Uruguay non ha mai perso; poi, una volta squalificato per la spettacolare parata nei quarti con il Ghana, la Celeste si è fermata.
Adesso El Pistolero ha un compito impossibile: segnare i gol decisivi con Inghilterra e Italia («Per noi sono due finali, ha ammesso Tabarez») per tentare l'incredibile rimonta nel girone di ferro. Ai Mondiali l'Uruguay non ha mai perso con l'Inghilterra, e per una Nazionale che vive di storia questo un bel punto di partenza. Nel '54 i Maestri guidati da Stanley Matthews vennero buttati fuori nei quarti da Schiaffino e compagni con quattro schiaffi; nel '66 l'Uruguay fu l'unica squadra a non perdere contro i futuri campioni del mondo: 0-0 nella partita inaugurale a Wembley con il grande Mazurkiewicz a parare tutto. Il vero problema è che adesso si passa da Mazurka a Muslera, con tutto il rispetto.

Tutta un'altra storia, con o senza formiche nel letto.

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