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Due Mercedes spaziali. E Alonso tiene in strada il Cavallino spompato

In Malesia doppietta Hamilton-Rosberg. Non c'è partita. La Red Bull cresce, Vettel 3°. La Ferrari è lenta

Due Mercedes spaziali. E Alonso tiene in strada il Cavallino spompato

È uno sport di motori la Formula uno. Di pistoni e cilindri e adesso di silicio e processori e pixel e bit e software e gomme chewin-gum che purtroppo un po' sono tornate perché - clap! clap! - è tutto più bello se si supera quando l'altro è sulle tele e perché - clap! clap! - è tutto più emozionante se ci sono 3 pit e le posizioni al vertice cambiano non perché i piloti e le macchine sono più bravi ma perché, a parte Abebe Bikila a Roma '60, chi corre scalzo perde sempre. È uno sport così la effeuno. Ma è anche uno sport di uomini ed espressioni facciali. Quelle che vengono meravigliosamente svelate appena i piloti si tolgono sotto casco e casco. Quando pieghe e striature di rosso pressano ancora il viso e raccontano la loro vera corsa, i loro veri pensieri. Come l'espressione di Hamilton, ad esempio. Racconta la disinvolta certezza del più forte sulla macchina più forte. Comunque riposato anche se sudato, perché non ha mai spinto al massimo - forse solo per il giro veloce - sicuro com'è del suo e di una Mercedes che, se non dovesse tradirlo ancora come accaduto in Australia, lo aiuterà presto ad annullare i 18 punti di distacco da compagno Rosberg giunto secondo e in vetta al mondiale. Lewis ha dominato sul bagnato delle qualifiche e sull'asciutto del Gp di Malesia. Meraviglioso animale da corsa. Con Vettel assolutamente il miglior pilota.

Ancora. L'espressione di Nico, ad esempio. Quella di chi studia da primo della classe ma sa bene che non appena arrivati su pista vera - come Sepang - la differenza con il compagno si vede tutta. Un primo della classe preoccupato, dunque. Anche se sono pensieri addolciti dalla consapevolezza di avere una macchina nettamente superiore. Ancora, proseguendo in questa carrellata di umori ed espressioni post gara: il viso di Vettel. Stanco. Un po' suonato anche. Perché ci ha messo tanto di suo per stare su quel podio e tenere lontano prima il compagno e poi sempre a distanza di sicurezza Alonso. Stanco perché «il nostro Renault ha 80 cv in meno del Mercedes» tuonava il suo padrino Helmut Marko. Stanco ma con gli occhi illuminati da una strana luce figlia della consapevolezza che il mondiale per lui si riapre. E che il modo in cui ha rimesso dietro al giro tre quello sfrontato di Ricciardo è stato un messaggio forte e chiaro.

Già, Ricciardo. Grandi sorpassi al via, nessun timore reverenziale, ma decisamente in imbarazzo con la dea bendata: ancora problemi al flussometro (che a Melbourne gli era constato la squalifica) e poi una sequela di ielle inenarrabili (vedere pagelle). Ma fin lì comunque quarto. Quanto alla sua espressione, è schiettamente rivelatrice anch'essa: sorriso triste ma pur sempre sorriso. Sa che con la Red Bull che recupera prestazione ad ampie falcate i suoi dentoni potrà mostrarli spesso.
Un ritorno, quello del team campione del mondo, consacrato dopo l'accenno di Melbourne, da una pista vera come Sepang. Un ritorno che deprime chi, come Alonso, un po' si era illuso di avere davanti solo le Mercedes (7 motori fra i primi 10) irraggiungibili lassù, seconda stella a destra a oltre mezzo minuto. Invece lo spagnolo deve fare i conti con la bibita che avrà poco motore ma più del Cavallino azzoppato dall'eccessiva paura di noie meccaniche e quindi mai lasciato a briglie sciolte. Da qui una Ferrari che non rompe i motori, mentre gli altri che osano volano (ko tecnico per Hamilton e Vettel in Australia). Giunto a 10 secondi da Seb, Fernando è sceso dalla F14T, ha guardato ingolosito Mercedes e Red Bull ferme accanto e poi, tolto il casco, ha mostrato gli occhi tristi da manga stanco. Forse pensava agli otto anni trascorsi dal suo secondo e ultimo mondiale. Forse pensava che saranno presto nove.

Ps: inutile parlare di sguardi ed espressioni con Raikkonen. Sempre quelli sono, che vinca o che perda. La foratura al via per il contatto con Magnussen l'ha subito relegato in serie B.

Poi si è anche addormentato.

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