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Il maestro e l'allievo Ancelotti sfida Gattuso a suon di mozzarelle

Napoli-Milan tra scherzi, ricordi e una banda di ex. "Ci sentiamo sempre, noi mai avversari"

Il maestro e l'allievo Ancelotti sfida Gattuso a suon di mozzarelle

Ha promesso mozzarelle per tutti. Il briccone di Castel Volturno, al secolo Carlo Ancelotti, ha parlato al telefono giovedì con Gattuso e con Maldini, si è divertito a fare battute e nel suo gergo la metafora delle mozzarelle aveva un altro significato. Che Rino ha colto al volo. «Hai visto come sto?, non mi servono le mozzarelle», ha rintuzzato Gattuso cedendo, come tutti quelli che conoscono Ancelotti e hanno frequentato gli otto anni vissuti a Milanello, alla tenerezza dell'incontro più che alla spigolosità della sfida. L'omaggio più importante l'ha realizzzato il sito rossonero scrivendo per noi non sarai mai un avversario rivolto a Carlo così come l'elogio di Gattuso: «È stato più di un allenatore, spesso l'ho sentito al telefono quando ero in difficoltà, lui è un maestro, maestro di semplicità, somiglia a Nereo Rocco, io ne devo mangiare di pastasciutta» la sintesi proveniente da Milanello. Che fa quasi scopa con le parole rimbalzate dal ritiro napoletano. «Sarà un concentrato di emozioni rivedere tanti amici», la confessione di Ancelotti che cita anche Leonardo col quale, a Parigi, il sodalizio si concluse in modo brusco e poco amichevole. «È vero, l'ho sentito spesso Gattuso e non abbiamo mai parlato di cibo» la correzione successiva del briccone che è capace di espressioni forti anche nei confronti dei suoi («con la Lazio per 30 minuti iniziali abbiamo fatto ridere») e su Higuain svicola con furbizia, addirittura citando un esempio illustre («quando incontravo Messi facevo a meno di parlarne nello spogliatoio, i miei sanno come affrontarlo»).

L'allievo sa perfettamente che il maestro sta cambiando qualcosa nel Napoli, «qualche verticalizzazione in più, forse la linea difensiva non è ancora perfetta» e perciò non si fida né delle mozzarelle né di quei 30 minuti ridicoli con la Lazio. Piuttosto Rino sa di aver avuto tanto dal mercato, «siamo più forti ma ci vuole tempo» corregge confessando che il pronostico di Sacchi («Milan da scudetto») «mi ha dato una mazzata, col tempo possiamo arrivare». «Con Higuain da solo non vinciamo, abbiamo bisogno della squadra, sarei felice se centrassimo il 4° posto, non dimentichiamo da dove arriviamo, 7 anni durante i quali sono cambiati 6-7 allenatori». Il maestro invece non è il tipo capace di nascondersi. «Non siamo lontani dal sogno scudetto che è diverso dall'utopia» ammette lui che ha spalle larghe.

Anche sul mercato, si comportano secondo lo schema classico. «Mi tolgo subito il dente: io Andrè Silva lo volevo tenere, lui ha chiesto di andar via così come Bacca» racconta Rino per spiegare l'imperfezione della rosa (Borini terzo attaccante, un ripiego). Ancelotti invece non avanza scuse («Non c'era necessità di nuovi arrivi»), tiene Karnezis davanti a Ospina e conferma Milik titolare rispetto a Mertens. Gli fa eco Rino che lascia fuori Caldara («ha giocato in una difesa a tre, ma il ragazzo è una spanna sopra gli altri»), forse non rischia nemmeno Bakayoko subito e spedisce un consiglio a Donnarumma, quasi un monito. «Se fa il copia e incolla dei comportamenti di Reina diventerà il portiere più forte al mondo, da quando c'è Pepe, Gigio è già migliorato».

Diverse infine anche le parole che arrivano dalle società. ADL punge Sarri («gli ho dato tutto, non ha vinto niente») ma di Ancelotti dice: «È una persona deliziosa, per sbaglio finita nel calcio».

Gattuso riferisce del colloquio con Gordon Singer: «mi ha detto di stare tranquillo, mi avevate fatto il funerale prima di cominciare (voci su Conte, ndr)».

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