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Honda: "Mai incontrato un samurai ma ne so lo spirito"

Il Milan riserva al giapponese un'accoglienza da grande star. "Farò cose speciali". Ma contro il Sassuolo non sarà titolare

Keisuke Honda con Adriano Galliani
Keisuke Honda con Adriano Galliani

Diretta tv con il Giappone, colonna sonora con la canzone «Il mondo» di Jimmy Fontana, logo personalizzato col 10 e dentro lo zero la sua sagoma, video preparato il giorno dell'Epifania con didascalia in perfetto inglese del collega Buffa, 80 giornalisti arrivati da Tokio dentro la saletta executive di San Siro, distribuita ai cronisti la cartelletta stampa con la storiella del tema scritto all'età di 12 anni. Di solito questa è la scaletta per l'accoglienza riservata alle grandi star del calcio mondiale. Keisuke Honda (con l'accento sulla a per la pronuncia) deve ancora meritarsi il palcoscenico ma quelli del Milan hanno molto investito su di lui e sul suo trasferimento da Mosca a Milanello. Hanno pensato allo sviluppo sul mercato asiatico oltre che alle esigenze squisitamente tecniche di Allegri. Lo scetticismo, nel calcio e nei pressi del Milan di questi tempi, è sempre dietro l'angolo. Forse anche per questo motivo, Adriano Galliani, che ha esperienza in materia, ha rievocato gli studi fatti dal club in materia di jet lag ai tempi dei viaggi in Giappone per la coppa Intercontinentale («solo dopo il settimo giorno si superavano le difficoltà»), e invitato staff tecnico e medici a valutare con prudenza la decisione di farlo debuttare domenica sera a Reggio Emilia con il Sassuolo. Tra l'altro Honda non ha più giocato da un mese, è vero si è allenato col rigore di un giapponese rimasto dentro la foresta, è determinato, come ha spiegato nel suo inglese asciutto e sbrigativo, «a fare cose speciali», proviene da una famiglia di lottatori (così parlò Bronzetti, uno dei protagonisti della trattativa) ma deve piegarsi alle leggi della natura e del calcio italiano.

Il tema scritto all'età di 12 anni è il dettaglio tenero e suggestivo con cui Honda si è presentato a Milano e al calcio italiano. A quell'età ha descritto, nella scuola di Settsu, la sua città natale che si trova nella prefettura di Osaka, con coraggio visionario, il proprio futuro: «Voglio diventare il più grande calciatore del mondo e poi raggiungerò la serie A italiana e indosserò la maglia numero 10 del Milan». Nelle prossime settimane capiremo se ha qualità autentiche di mago perché, in una risposta impegnativa, ha pure previsto per la sua squadra «la possibilità di vincere lo scudetto, non adesso, ma tra un anno». Di sicuro questo ragazzo dagli occhi di ghiaccio ha realizzato un sogno e non è riuscito certo a nasconderlo col suo glaciale entusiasmo. «Sono davvero molto felice» ha continuato a ripetere senza accennare a un mezzo sorriso. Ha spiegato in tal senso di non avere abitudini europee, poche concessioni alle espressioni sguaiate, anche durante Milan-Atalanta e dopo i gol di Kakà, ha appena fatto un cenno di assenso a Galliani, come per dire ok. «Sono fatto così» ha spiegato. E bisogna credergli perché non è il tipo da raccontare favole. «Quando giocherò, sarò pronto» è la sua risposta per l'appuntamento più atteso, con la maglia del Milan sulle spalle. «Farò cose speciali» è la sua promessa. Obiettivo puntato sulla Champions che non potrà giocare per questo e per il prossimo anno. «Sono interessato al calcio, non alla città: allenarmi, riposarmi, giocare bene, questo è il mio programma e so che la società mi aiuterà molto»: svelata la sua ossessione che dev'essere la benzina che l'ha portato dai banchi di scuola della prefettura di Osaka fino alla maglia numero 10 del Milan di Kakà e Balotelli, «vista con l'Atalanta non è così male la squadra» la riflessione. Non ha inforcato gli occhiali («non ho problemi di vista, li porto per moda») e mai incrociato un samurai, ma è pronto a incarnarne lo spirito, «che vuol dire: rigore, disciplina ferrea, non rinunciare mai». Divertente la descrizione che gli ha reso Nagatomo, l'interista: «Mi ha detto: guarda che in Italia i tifosi si intendono di calcio, se giochi male ti mandano a quel paese subito». Ha già testato e apprezzato la cucina italiana, «ma datemi indirizzi utili di altri ristoranti» l'invito rivolto alla platea.

In attesa di firmare gol e assist, il giovanotto dagli occhi di ghiaccio è capace anche di fare battute.

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