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Mangia, pupillo di Sacchi profeta dell'Est

«In Romania non mi sento dimenticato. Anzi guadagno più che in serie B...»

Davide Pisoni

«Non ho certo fatto tirare un rigore a un portiere per fare notizia, ma perché volevo segnare», Devis Mangia risponde dalla Romania, ha appena finito l'allenamento con il Csu Craiova. Terzo in campionato, nel mirino i playoff da protagonista, stasera si gioca i quarti della coppa nazionale. In questo angolo di Romania, uno dei pupilli di Sacchi si è ritrovato. Eravamo rimasti al Palermo, agli anni in serie B, alla finale europea con l'Under 21, sconfitta dalla Spagna: «Abbiamo incontrato la più forte generazione spagnola», ricorda Mangia anche se con uno scatto d'orgoglio aggiunge «non eravamo male anche noi con Verratti, Florenzi, Immobile, Insigne...». Lo definiscono un sacchiano dal gioco didattico: «Non mi piacciono le etichette. Se necessario, dite che mi piace lavorare sul campo, migliorare giocatori e squadre».

Come è successo con Mirko Pigliacelli, il portiere rigorista. Ma Mangia non ama sentire parlare di invenzione: «E' la conseguenza di aver scelto di prendere Mirko. Voglio costruire il gioco dal basso e quindi serve un portiere bravo con i piedi. Come lui. La prima volta l'avevo incontrato in una finale del campionato Primavera: io allenavo il Varese, lui parava per la Roma». E Mangia non se l'è dimenticato. Poi succede che Pigliacelli inizi a fermarsi alla fine dell'allenamento a tirare punizioni e rigori. Ma soprattutto succede che i compagni sbaglino cinque rigori in campionato. E così Mangia rompe gli indugi: «Lo avviso che il prossimo potrebbe toccare a lui. Di solito prima della partita comunico la lista dei rigoristi. Contro la Steaua dico alla squadra che avrei deciso sul momento». Puntuale ecco il rigore e tutti si girano verso la panchina, Mangia è deciso: «Tira Mirko». Gol a parte, «la cosa bella è che ho avuto come la sensazione che gli altri si siano sentiti sollevati...». Non è l'unico capolavoro, l'allenatore con studi di Giurisprudenza nella sua arringa aggiunge: «In due sessioni di mercato abbiamo incassato tanti soldi dalle cessioni, significa che come società abbiamo lavorato bene».

Per un sacchiano ritrovarsi in Romania può essere una contraddizione: «Qui ho tutto. Strutture, uno stadio nuovo, almeno ventimila tifosi a ogni partita. La società mi sostiene». A sentirlo parlare non si ritiene per niente finito alla periferia del calcio che conta, in Romania è anche meglio della nostra serie B: «Non c'è nulla da invidiare, anzi dal punto di vista economico la mia realtà è anche meglio». Non sono sempre state rose e fiori. L'inizio due anni fa, anche con i preliminari di Europa League contro il Milan cinese, non è stato una passeggiata: «Soprattutto extra calcio, abitudini, metodi... Ma una volta conosciute bene le persone ho capito di essere nel posto giusto». E così ha fatto alzare un trofeo al Craiova, la coppa di Romania, cosa che non succedeva da tempo. «Paura di essere dimenticato dall'Italia? Mai - dice Mangia -. Andare all'estero era un'idea maturata girando per l'Europa con l'Under 21. Ho avuto il coraggio di farlo, non preoccupandomi che fosse un campionato tra virgolette minore». Al punto da dire che «non lavoro per avere un'altra occasione in Italia. Lavoro per fare un passo in avanti». E' una lezione anche per i giovani: «Probabilmente non ho mandato gli input giusti alle mie società passate. Diciamo che è colpa mia, ma poi bisogna avere il coraggio di raccogliere una nuova sfida. Magari ti sembra di scendere di un gradino, ma può essere un modo per risalire più in alto».

Se guarda in Italia, di una cosa Mangia è convinto: «Ho fiducia in chi c'è adesso in federazione. E poi Mancini in pochi mesi ha fatto un lavoro incredibile. E soprattutto ha imposto i giovani, non so quanti l'avrebbero fatto al suo posto». Devis sicuramente: «A me piace lavorare con i giocatori bravi. Se poi sono giovani meglio ancora».

Chiedere conferma a Mirko Pigliacelli, il portiere-rigorista di Mangia.

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