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Mangiarotti l'immortale. Cent'anni di leggenda dell'azzurro più olimpico

Il re della scherma è l'italiano più medagliato E ad Helsinki raccontò il suo oro sulla Gazzetta

Mangiarotti l'immortale. Cent'anni di leggenda dell'azzurro più olimpico

E do Mangiarotti se ne andò poco prima di un'Olimpiade, Londra 2012, oggi sono cent'anni dalla sua nascita. Forse è morto, certamente è ancora vivo. Atleta che vinse più di tutti in quanto a medaglie olimpiche (13, sei d'oro), feroce conquistatore di podi tirando di spada, l'arma preferita, o di fioretto (26 medaglie mondiali, la metà d'oro), ma poi anche personaggio che sapeva sorprendere, distillava storia e storie, paladino di uno sport che racconta memorie soffuse di romanticismo e credibilità. Ecco perché uno così non muore mai.

Il 1919 fu un anno di mamme fortunate per il nostro sport. Nacquero Valentino Mazzola e Fausto Coppi, mettiamoci anche l'oriundo Rocky Graziano, campione della boxe che ispirò il film Lassù qualcuno mi ama, i giornalisti Gianni Brera e Adone Carapezzi. Anzi, Brera trasformò Mangiarotti in cronista della scherma, chiamandolo nel 1948 alla Gazzetta dello sport: la collaborazione durò 25 anni. Edoardo divenne così il più medagliato giornalista della storia, secondo battuta di Andrea Monti, odierno direttore. Chissà se Brera, il più bravo di tutti, mise in conto questo podio?

La Gazzetta è stata casa e famiglia per i Mangiarotti: c'era contiguità di abitazione nella milanese via Solferino. La casa era un fantastico museo di coppe, medaglie, spade e ricordi. La famiglia Mangiarotti, ultima la figlia Carola, si è tramandata nel nome di uno sport. Il giornalista Edo fu impeccabile e limpido nel descrivere se stesso in quella Olimpiade di Helsinki 52 dove si presentò alla premiazione col fratello maggiore Dario, in accappatoi bianchi simil cappottini. Vinse l'oro individuale (poi a squadre), Dario l'argento con un preciso gioco di squadra. Edo corse a scrivere l'articolo. Brera lo rimbrottò come fosse un perditempo. Infine chiese: «Chi ha vinto?». «Veramente io...», rispose. «Ed ho perso tempo per andare a ricevere l'oro», concluse come in una stoccata. Helsinki è stata terra della gloria inarrivabile. Mangiarotti vinse pure l'argento nel fioretto (individuale e squadre), il francese D'Oriola rimase bestia nera troppo fantasiosa per la sua scherma. «Edo era uno stuzzicadenti, ma l'unico che poteva fare 8 gare in 8 giorni», parola di Dario. Mario, il minore, si dedicò alla medicina e vive ancora.

Edoardo fu modellato da Giuseppe, padre con stile del tempo antico e fantastico maestro: lo impostò da mancino, per essere ambidestro. Sarà un caso ma i mancini (minuscolo e maiuscolo) lasciano traccia nello sport. Giuseppe allenava i figli con maratone di 36 km da corso Matteotti a Renate in Brianza, paese natale di Edo. Li metteva in bicicletta per 100 km, scalando i passi Tonale, Costalunga e Pordoi. Li mandava da Erminio Spalla, campione di boxe dei massimi, per provare il sapore di pugni e sangue. Così si imparavano sofferenza, ferocia agonistica, passione, voglia di attaccare con precisione ed eleganza. Mangiarotti percorse tutta l'Italia dalla Monarchia alla Repubblica, fu due volte portabandiera olimpico (1956 e 1960), parlava con grande orgoglio della sua italianità. Partecipò ai tornei dei Balilla, sugli ori impressa la faccia del Duce: li scambiò con un servizio di posate. Il suo doping era una zolletta di zucchero con due gocce di whisky. Pesò in 8 kg le medaglie olimpiche.

Vinse l' ultima d'oro (spada a squadre) nel 1960 a Roma, a 41 anni, con l' argento nel fioretto a squadre. Il primo mondiale a 16 anni. Visse con curiosità la prima Olimpiade: Berlino 1936 (oro spada a squadre), raccontò a Jesse Owens la stizza di Hitler. Dal vivo ne ha seguite 17 edizioni. Arrivò a Pechino 2008 dopo due operazioni e un ictus. Ha sempre creduto al campione gentiluomo, la hit parade schierava Berruti e gli Abbagnale, Agostini, preferiva Bartali a Coppi, Antonio Rossi ultimo della specie. Riteneva Valentina Vezzali l'unica vera inseguitrice nel medagliere.

Si sfidarono in vista di Londra 2012: Valentina vinse l'ultimo bronzo individuale, Edo Mangiarotti prese un'altra via.

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