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Mazzarri l'incompiuto spianato dai risultati e "avvisato" da Moratti

Ha preso l'Inter al 9° posto e l'ha lasciata allo stesso punto. Non si è mai integrato con la città, l'ex patron l'aveva scaricato

Mazzarri l'incompiuto spianato dai risultati e "avvisato" da Moratti

Non ci sono regole scritte, ci sono solide consuetudini, il calcio è così. Se il portiere non para va in panca, se l'attaccante non segna va sul mercato, se l'allenatore non vince va esonerato. Mazzarri rientra nel terzo caso, il suo è un esonero che a Thohir costa 18 milioni. Alle 10,30 di ieri ha ricevuto la telefonata del dg Fassone, se l'aspettava già domenica sera dopo il 2-2 con il Verona, lo aveva confidato al suo collaboratore Luca Vigiani e al vice Nicolò Frustalupi, sembrava rassegnato, poi ha pensato di averla svangata, ma non sapeva se esserne lieto. Alle 12,30 aveva già svuotato l'armadietto, l'ordine è partito da Thohir, la regia è di Moratti. Adesso l'amarezza prenderà il sopravvento, più tardi capirà che è stato salvato.

Non è vero che non esistono partite facili, l'Inter le ha giocate e le ha perse. Aveva iniziato male in Guinness Cup, 2-0 con il Chelsea di Mourinho, 4-0 con l'Amburgo, poi letteralmente asfaltato 3-0 dal Madrid. Ma era agosto. In campionato però era partito bene, il pari di San Siro con la Juve aveva tirato giù i bianconeri da capoclassifica dopo 17 mesi.

La prima botta seria con la Roma che arriva e ne fa tre, alla 13ª l'Inter è a otto punti dalla Juve, dopo l'1-1 in casa con la Samp anche Thohir si sbilancia: «Bisogna saper giocare bene per 90'». Mazzarri incassa, la tifoseria pensa che sia già una stagione gettata. È qui che inizia ad andare fuori sintonia: «I ragazzi stanno accusando il peso delle responsabilità». A Milano? Moratti e Thohir lo coprono ma lo scetticismo dilaga, vince il derby di dicembre con la prodezza di Palacio ma poi ne perde due di fila con Lazio e Udinese. Dopo lo 0-0 con il Catania neppure Thohir sorride più: «Scusate, non me la sento di parlare». Ne arrivano altre, alcune con sfiga cosmica come l'1-2 in casa con il Catania e quattro pali colpiti, 17 in 29 giornate. Il 10 maggio lo strappo con il clan dell'asado è forte, Zanetti gioca l'ultima a San Siro, per il popolo nerazzurro è un evento storico ma Mazzarri lo schiera solo nell'ultima mezz'ora, lo stadio fischia a palla, lui non capisce. Il fatto in sè dice poco, ma a volte basta poco per finire di traverso. Non è vero che si salva perchè strappa un preliminare Europa league, o perchè la Nord è con lui, si salva perchè ha un altro anno di contratto e Thohir ha già rasato tutto ciò che odora Moratti, non vuole esagerare e probabilmente non ha ancora capito di cosa è diventato presidente. Mazzarri dice: «Tutte stupidate, io posso allenare anche in assenza di un contratto». Glielo rinnovano, riparte male, Thohir sussurra ultimatum, poi li rinnega, ma i messaggi sono chiari, Moratti all'uscita del Cda ammette che le cose vanno male e se andranno peggio Mazzarri rischia. Per tutti è mezzo esonero.

L'Inter dopo 11 giornate ha affrontato solo due squadre che l'hanno preceduta in classifica la scorsa stagione ma arranca a 12 punti dalla prima. E il Walter rischia di diventare il primo allenatore mai esonerato a perdere il posto per una conferenza stampa. È tirato, sudicchia, cannibalizza il fazzolettino di carta che si rigira fra le dita, trascorre i venti minuti della conferenza a difendersi, non ha cose da dire, risponde alle domande. E lascia perplessi. Un giorno paragona questa stagione con la precedente, il successivo chiede di non parlare del passato: «Questa è la prima vera stagione». Prima dice che la squadra è rimasta fuori dalle vicende societarie, la volta dopo che hanno pesato come macigni. Difende tutti, anche Vidic che schiera senza avergli potuto spiegare come si gioca a tre, parole sue. Dopo Inter-Cagliari 1-4 fa: «Ma lo sapete che nessuno è venuto a chiedermi come si gioca quando si rimane in 10?». Ripete che la squadra è con lui ma non si ricorda un solo giocatore che gli sia corso incontro dopo un gol. Prima ancora dell'inizio già sbuffa e suda, al primo errore si gira verso Frustalupi, si lamenta e si infila l'indice fra i denti. Un brav'uomo che ha preso l'Inter al nono posto e la lascia al nono posto.

Ma non è per questo che è stato esonerato. Lui non ha mai capito dov'era, e non è mai riuscito a farlo capire agli altri, fuori range, fuori ritmo con il resto della città. Stava rischiando la salute, fra un po' lo capirà e ringrazierà chi l'ha fatto fuori, chiunque esso sia.

Come Federer giovedì, anche Djokovic ha vinto il terzo match di fila alle Atp World tour finals di Londra, battendo con un doppio 6-2 il ceco Berdych. Ora è certo di concludere l'anno come n°1. Oggi se la vedrà col giapponese Nishikori.

In caso di vittoria troverà in finale o Federer o il vincente del match di ieri sera tra Wawrinka e Cilic.

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