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Milan-Torino, il «derby» di Radice

Di fronte le due squadre con cui ha vinto Gigi. E il Diavolo «vede» l'Inter...

di Tony Damascelli

Dicono che i grandi sappiano andarsene nel momento giusto. Così ha fatto Gigi, alla vigilia di Milan-Torino. Perché questa partita è la partita di Gigi, Luigi Radice, una fetta illustre del nostro football. Ed è strano che molti ne abbiano ricordato il merito soltanto ora che lui ci ha abbandonato. Perché Radice ha firmato la cronaca e la storia di queste due squadre, una storia grandiosa, di scudetti e coppa europee, da calciatore, una storia di un calcio moderno, spettacolare prima che arrivassero i nuovi docenti e spacciatori di tattiche e ripartenze. Era, il suo, un football che pochi riuscivano a comprendere tanto fosse rivoluzionario, riuscendo a trasformare figure di margine in veri protagonisti, al punto che il modesto friulano Vittorio Caporale venne rinomato Caporalbauer per l'attitudine e lo stile che ricordavano sua maestà il Kaiser Franz Beckenbauer. Giovanni Arpino scrisse del tremendismo granata per sottolineare quel modo aggressivo di stare in campo e di giocare il pallone. Milan e Torino, hanno oggi l'onore di celebrare il loro Radice, non soltanto con il minuto di silenzio, ma con una prova in linea con quella filosofia. Credo che questo desiderio resti, però, utopia. Il cosiddetto nuovo calcio non prevede quel disegno.

La partita in sua memoria rappresenta, per il Milan, l'occasione ideale per riagganciare il gruppo di pretendenti alla Champions, una eventuale vittoria significherebbe, infatti, mettere ansia all'Inter, staccata di un punto. Il Torino ha voglie improvvise anche se le sue ultime esibizioni non confortano l'ottimismo della vigilia.

Mi auguro che il ricordo di Gigi Radice non si esaurisca nell'ora e mezza di San Siro, in un anno maligno, nel quale ci ha lasciati un altro grande attore di questa sfida, Gustavo Giagnoni.

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