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Mission impossible? Convincere Kakà a non lasciare il Milan

Società al lavoro. Il ruolo chiave della moglie di Ricky. Neanche il tempo di gioire per il recupero dei rossoneri

Mission impossible? Convincere Kakà a non lasciare il Milan

La nuova dieta Milan (7 punti in 6 giorni) ha rigenerato un ambiente depresso. Elementare Watson! «Con le vittorie, nel calcio, cambia l'umore di tutti noi» è la chiosa distesa di Adriano Galliani riuscito nell'impresa, che sa quasi di miracolo, di costringere Clarence Seedorf a sintonizzarsi con la lunghezza d'onda del club (attenzione concentrata sui risultati immediati) invece che inseguire progetti filosofici legati al futuro. «La speranza di raggiungere l'Europa league adesso c'è» la professione di ottimismo dell'olandese tornato a sorridere e a mostrare la ruota del pavone. I numeri hanno preso a sorridergli: in 12 partite ha totalizzato 20 punti, nelle stesse partite la gestione Allegri mise insieme la miseria di 13 punti. Forse anche la famosa accusa rivolta al vice-Berlusconi («squadra costruita male») nel frattempo è finita in un cassetto, dimenticata.

Ma la serata ideale col Chievo di fatto non ha cancellato dall'orizzonte prossimo la nuvola che minaccia il futuro chiamata Kakà. Sabato notte, il brasiliano ha firmato un paio di gioiellini, suggerito contropiedi taglienti ma non è servito a illuminare San Siro anche dopo il 3 a 0 sul Chievo. Spiegazione semplice: perché ha fatto rumore dapprima il riferimento dell'interessato al futuro americano e a stretto giro d'intervista il dettaglio fornito da Galliani («c'è una clausola nel contratto che consente a Ricardino di liberarsi in caso di mancata qualificazione in Champions»). Kakà, 300 presenze appena celebrate, con un contratto lungo fino all'estate del 2015, può lasciare subito il Milan la sintesi passata attraverso i media e che ha reso inquieti i suoi fan. Non sono proprio pochi. Quando partì per Madrid e l'avventura del Real furono in 25mila a non rinnovare l'abbonamento. Col suo ritorno, non tutti sono rientrati all'ovile rossonero.

Ricardino ha provato ad allontanare lo scenario con una frase che è testimonianza autentica del proprio disagio. «Basta con le voci sul mio futuro, non ho fretta, ho voglia di restare e vi chiedo di non parlare più di questo argomento» ha tagliato corto sabato notte per arrestare la valanga mediatica partita dalla palla di neve («penso di finire la carriera negli Usa») lanciata sabato mattina. «Mi auguro che Ricki resti, e che si convinca da solo» è la risposta rassicurante sull'argomento spinoso offerta da Galliani grato al brasiliano per la rinuncia a qualche milione sullo stipendio durante il trasferimento da Madrid a Milanello, elemento decisivo per riportare in rossonero l'ex Pallone d'oro. Uno dei nodi da sciogliere è quello di natura economica. La clausola imposta da Galliani ai suoi è stata lungimirante: nel caso di mancata qualificazione Champions, i compensi dei rossoneri devono essere ridotti del 20%.

A fine stagione, l'appuntamento con Galliani per capire se quella clausola può essere aggirata oppure no. E qui può entrare in gioco il famoso fondo con sede a Londra che ha partecipato alla trattativa (Nelio Lucas l'incaricato) per riportare il brasiliano in rossonero. Al momento l'azionista Fininvest non vuole sentir parlare di ulteriori perdite di bilancio. Secondo argomento da utilizzare con Kakà per convincerlo a restare: i programmi del Milan e il ruolo che può giocare Clarence Seedorf, suo amico e sodale e adesso suo allenatore che su misura gli ha ritagliato il ruolo più confacente, da seconda punta. Infine c'è da fare i conti con il fattore C, qui inteso come Carolina, la dolcissima moglie di Kakà che ha un ruolo importante nelle scelte della famiglia e che ha salutato il ritorno a Milano come un successo. Ha chiesto e ottenuto di prendere casa nel centro storico di Milano, si può muovere a piedi, è stata adottata dal quadrilatero della moda per il suo comportamento e per l'attività nel campo degli aiuti umanitari.

Fosse per lei, il calcio a stelle e strisce potrebbe attendere in attesa di un trasloco che a quel punto sarebbe definitivo.

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