Sport

Molinari Euro-eroe dei due mondi

L'azzurro vince 5 match su 5, abbatte gli Usa e regala il titolo all'Europa

Andrea Cuomo

nostro inviato a Parigi

Ci sono numerosi miracoli che la Ryder Cup riesce a compiere ogni due anni, quando Stati Uniti ed Europa mettono in campo a continenti alterni i loro migliori golfisti per decidere chi si tiene la coppa piccola e racchia ma assai prestigiosa. Uno di questi è convincere i golfisti a dedicare qualche giorno alla pura gloria senza badare al vil denaro, in uno sport dove perfino la classifica di merito è stabilita dai premi guadagnati in giro per il mondo, secondo un principio da commercialisti. Un altro miracolo, questo davvero mozzafiato, è vedere gente comune tifare per l'Europa come fosse il suo club di calcio, indossando giacche e pantaloni di dubbia eleganza con la bandiera stellinata che noi associamo a Bruxelles. Sentire gridare «Europe! Europe!» senza che chi lo fa esibisca forconi o striscioni di protesta è insolito e antistorico.

Ma il miracolo più grande che la Ryder Cup può compiere, in particolare l'edizione conclusasi ieri a Le Golf National alle porte di Parigi con la vittoria per 17,5 a 10,5 dell'Europa (evviva!), è trasformarlo in uno sport popolare, lontano dai cliché di passatempo per nobili annoiati e per imprenditori che concludono affari sulla golf car. Guardare muri di folla che intonano cori ed esultano all'errore dell'avversario è - per i novizi a cui appartiene di diritto chi scrive queste noterelle - una boccata d'aria pura. Perché il silenzio e il fair play sono una cosa bella che presto viene a uggia. Dateci il tifo, dateci la passione, dateci un campione di cui innamorarci. Ehi, ce n'è uno: Francesco Molinari di anni 36, torinese. È stato lui, e per distacco, il migliore giocatore di questa Ryder Cup. Lui che ha trascinato l'Europa alla vittoria, lui che ha fatto 5 punti su 5 match, cosa che alla Ryder è successa solo a Larry Nelson nel 1979 (e mai a un europeo), lui che ha meritato di segnare il punto decisivo ieri contro Phil Mickelson, lui che ha entusiasmato i francesi in mancanza di un giocatore locale. Mo-li-na-rì, per servirvi.

Quando c'è un campione da poster, lo sappiamo, noi italiani siamo capaci di appassionarci alla carabina da 10 metri e al windsurf. Che mai ci sogneremmo di praticare. Figuriamoci per uno sport bellissimo, di cui ti innamori appena imbracci il primo ferro e non sai come tenere i piedi, hai paura di zappare ma pure fai volare la pallina e sei felice come un bambino al primo tuffo in piscina. Certo, noi siamo dei privilegiati: Rolex, che della Ryder Cup e del grande golf è main sponsor e sostenitore da mezzo secolo, ci ha organizzato un piccolo clinic con Claude Harmon III, il coach dei grandi giocatori americani (un po' come farsi insegnare a crossare da Pep Guardiola). Ma l'emozione e la bellezza del gesto prescinde dal luogo e dal maestro.

Forse avevamo sottovalutato il golf, dopotutto.

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