Sport

Morte Morosini, il perito: "Andava usato il defibrillatore"

Il perito al processo: "È stato portato in campo il defibrillatore, che non è stato utilizzato nè sul terreno di gioco e nè sull’autoambulanza, nonostante sul mezzo ce ne fossero due perfettamente funzionanti"

Morte Morosini, il perito: "Andava usato il defibrillatore"

"Le procedure seguite sul campo da gioco per soccorrere Piermario Morosini hanno evidenziato una condotta attiva volta a salvare la vita del giocatore, ma sono risultate non conformi alle linee guida internazionali, con riferimento al mancato utilizzo del defibrillatore, in questi casi indispensabile, e alle modalità di rianimazione polmonare, apparse non sufficientemente corrette". Così, davanti al tribunale monocratico di Pescara, l’anatomopatologo Cristian D’Ovidio, perito della Procura che eseguì l’autopsia sul calciatore del Livorno morto il 14 aprile 2012, sul manto erboso dello stadio Adriatico di Pescara, durante la partita del campionato di serie B tra la squadra locale e quella toscana. Con D’Ovidio, hanno eseguito la perizia anche Giulia D’Amati dell’Università La Sapienza di Roma, esperta in cardiologia e genetica, Simona Martello dell’Università di Tor Vergata, esperta in tossicologia, e Raffaele Del Caterino, ordinario di Cardiologia all’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara. "Una lesione cicatriziale al ventricolo sinistro è alla base dell’insorgere, sotto lo sforzo fisico, della fibrillazione ventricolare poi evoluta verso la morte - sono le parole con le quali D’Ovidio ha illustrato le cause del decesso -. La lesione è attribuibile, in prima ipotesi, ad una cardiopatia aritmogena".

Quanto alle operazioni di soccorso, esaminate anche con l’ausilio dei filmati, D’Ovidio ha sottolineato che il primo ad arrivare, dopo 12 secondi dal momento in cui Morosini si accasciò a terra, fu il medico del Livorno Manlio Porcellini, raggiunto pochi attimi dopo dal medico del Pescara Ernesto Sabatini, entrambi imputati per omicidio colposo, insieme al medico del 118 di Pescara Vito Molfese. "Le operazioni iniziali sono apparse corrette - ha detto l’esperto -. Poi, però, è stato portato in campo il defibrillatore, che non è stato utilizzato nè sul terreno di gioco e nè sull’autoambulanza, nonostante sul mezzo ce ne fossero due perfettamente funzionanti".

Sul mancato utilizzo del defibrillatore, si è espressa anche D’Amati: "Un soggetto giovane come Morosini, con un circolo arterioso molto valido, specie con riferimento al circuito cerebrale, può riprendersi immediatamente con il defibrillatore".

Commenti