Giro d'Italia

Nell'inferno delle Dolomiti il Giro cala il tris della verità

Oggi a Cortina, venerdì a Pampeago e sabato allo Stelvio non ci si nasconde più. Basso: "Sono pronto". Scarponi: "Non si può più stare a ruota". La maglia rosa Rodriguez non ha paura

Nell'inferno delle Dolomiti il Giro cala il tris della verità

nostro inviato a Falzes

Facciamoci quattro passi sulle Dolomiti. Non vorrei che i big del Giro col braccino equivocassero subito, interpretando anche la tappa di oggi come una scampagnata nella beatitudine di questi luoghi ameni. Nessun equivoco: i quattro passi vanno intesi per quello che sono in natura, salite nude e crude, le prime salite verissime dell'edizione 2012. Ce le hanno fatte penare, le abbiamo dovute attendere per due settimane e mezza, ma finalmente sono qui. Il poker di oggi prevede Valparola, Duran, Staulanza e Giau, con picchiata finale su Cortina. Poi riposino, domani a Vedelago, con l'ultimo sprint per velocisti, prima di imbucarsi nell'incubo di due tappe tremende: venerdì Pampeago, sabato Mortirolo-Stelvio. E se resta in sospeso qualcosa, ultimo chiarimento domenica a Milano, trenta chilometri a cronometro che sono pur sempre trenta chilometri a cronometro.

Prima di spazzare via la nube tossica delle chiacchiere e delle promesse tradite, i signori del Giro si prendono un giorno supplementare di riposo, dopo quello ufficiale di lunedì. Anche a Falzes lavorano solo i maggiordomi, gli intrepidi comprimari del Giro di seconda divisione, che prevede solo pacche sulle spalle, non maglia rosa. In questa particolare bagarre, stavolta emerge Izaguirre, bravo a scrollarsi di dosso i compagni di fuga sull'ultimo strappo e ad arrivare in solitario. E' la prima volta di un basco in questo Giro 2012, dove c'è la prima volta di tutti, se si esclusono le miss.

Quanto ai big, con la scusissima delle montagnisisme in arrivo, stavolta rasentano lo sciopero bianco. Si vedono spot che non fanno molto bene al prestigio del mitico sport di fatica: la maglia rosa Rodriguez fa il buffone a favore di telecamera, mimando scenette da cabaret, il motocronista De Luca racconta in diretta che «i corridori pedalano in serenità, scambiandosi qualche chiacchiera», a cinque chilometri dal traguardo si vedono persino gregari in testa al gruppo prendere accordi per procedere con molta calma, hai visto mai che qualche capitano magari s'affatichi inutilmente.

Grazie a Dio, la ricreazione è finita. Fino a qui, esclusa la tappa di domenica, questo Giro è sembrato un lungo ponte all'italiana, di quelli che ci inventiamo noi, collegando due festività lontanissime e intasando i vuoti con permessi, riposi, ferie e magari finte malattie. Di fatto, il Giro 2012 s'è preso vacanza dalla partenza di Herning fino a Falzes. Ogni giorno a chiedersi immancabilmente, nella monotonia assoluta, quando si comincia a fare sul serio, quando si comincia, e loro ogni volta a rispondere la stessa cosa: «Domani».
A forza di domani, siamo finalmente a oggi. E meno male, perché non se ne poteva più del Giro col braccino, che concede molto poco, facendosi molto pregare. Come dice Scarponi, «adesso non si può più stare a ruota, chi vuole vincere deve per forza muoversi, perché domenica il Giro finisce». Forse l'hanno capita.

Ma alla resa dei conti si presentano ancora tanti, troppi candidati. A Cortina non ci sarà un ballottaggio: solo uno sfoltimento della rosa. Rodriguez non ha paura: «Sbaglia chi crede che io abbia sempre un giorno di crollo. Voglio il Giro, dovranno fare grandi cose per sfilarmelo». Basso: «Sono pronto». Vanno creduti sulla parola. Ancora una volta.

Basta che anche oggi non diventi un'altra vigilia di domani.

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