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Nibali: «Dai peggiori ko nascono le vere imprese»

«Ho sbagliato, non cerco scuse. Sono andato piano e non so perché Ma da qui a Torino ho ancora tempo per inventarmi qualcosa...»

Nibali: «Dai peggiori ko nascono le vere imprese»

Ortisei Un uomo. Anche Vincenzo Nibali lo è, forse più di altri. Per questo perde e proprio per questo può tornare a vincere. È dalla sua apparente fine che può ricominciare a sperare in un nuovo inizio. Ieri il siciliano ha parlato dal suo buen retiro di Ortisei prima di tornare oggi ad esprimersi solo sui pedali. Ma le parole che hanno fatto più rumore sono quelle silenziose e racchiuse in un tweet postato poche ore dopo la disfatta della crono di domenica sera, sull'altopiano dell'Alpe di Siusi. «Esistono giornate belle e giornate nere. Oggi una di quelle! Il sorriso resta sempre! Sono umano e non me ne vergogno».

È umano e vive il suo momento no con la dignità di chi accetta il verdetto. «Non accampo scuse - l'ha detto subito e l'ha ripetuto anche ieri -: sono andato piano. Non so il perché, ma c'è tempo e spazio per inventarsi ancora qualcosa. Le migliori imprese vengono sempre dopo una cocente sconfitta».

Ci crede Vincenzo o fa di tutto per crederci, ma dipenderà soltanto da lui. Qualcosa lo turba, ed essendo un uomo sensibile molti possono essere i motivi di questo suo malessere. La convivenza in un team kazako dove la parte italiana è sempre stata mal sopportata? Forse. Le continue voci di mercato che lo vogliono in partenza? Anche. Di sicuro la morte di Rosario Costa l'ha segnato parecchio. La morte di questo ragazzino di soli 14 anni che correva per la Asd Nibali, la squadra che il messinese ha fortemente voluto creare per fare in modo che i ragazzi possano sognare di diventare un giorno campioni come lui ma non siano più costretti a lasciare la propria famiglia, i propri affetti e la propria terra a soli 13 anni come accaduto al messinese è stato un evento tragico che non poteva passare senza lasciargli un segno. «Non sono scuse, perché Vincenzo non vorrebbe assolutamente, ma la morte di questo ragazzino ha profondamente scosso il suo animo ci racconta Michele Pallini, da anni massaggiatore di fiducia del siciliano -. A Catanzaro era venuto a salutarci proprio con il papà di Vincenzo e la notizia della sua morte ha gettato Enzo nello sconforto».

Anche ieri, nel corso della conferenza stampa, gli è stata fatta questa domanda. «La morte di Rosario è stata vissuta con grande dolore da parte di tutta la squadra, perché il ragazzo faceva parte della famiglia Astana. L'avevano imparato a conoscere tutti e per me era come un fratellino. Ma quando salgo in bicicletta ve lo assicuro - mi sforzo di pensare solo e soltanto a quello che devo fare. Penso solo a pedalare il più veloce possibile».

Prima era un ragazzino, che viveva nel suo mondo, che non sapeva neanche che tappa avrebbe dovuto correre il giorno dopo, che si addormentava prima di una cronometro importante, incurante della pressione e di ciò che gli succedeva attorno: adesso Vincenzo non è più lo stesso. È cresciuto. È un uomo fatto e finito. «Dopo il successo al Tour, è come se fosse cresciuto d'improvviso ci racconta Beppe Martinelli, tecnico di lungo corso, da anni al fianco del siciliano -. Lui prima era davvero molto naif: prendeva le cose come venivano. Da due anni a questa parte non è più così: è maturato tantissimo, diventando consapevole di quello che è e di quello che rappresenta per il ciclismo. Forse anche questo gli pesa».

Gliela buttiamo lì: è un po' come nella favola di Pinocchio «È proprio così: un giorno ti svegli e sei adulto. Vincenzo oggi è un professionista esigente e scrupoloso, ma questo forse gli ha fatto perdere quella leggerezza che è stata per lungo tempo la sua specificità, la sua forza».

Ora però l'interrogativo è un altro: Vincenzo avrà la forza di reagire? Ce la farà a raddrizzare una situazione che sembra compromessa? «Noi ci proviamo spiega il diretto interessato -. Domani (oggi per chi legge, ndr) c'è già una tappa molto breve e maligna (Bressanone-Andalo, ndr), bisogna solo vedere chi avrà voglia di rischiare. Poi venerdì e sabato ci sono due tappe chiave e durissime, però con l'incognita maltempo: speriamo che non nevichi».

Vincenzo scruta il cielo e sorride. I suoi occhi sono sognanti e malinconici. Sembra stia aspettando un segnale. Una vocina.

La stessa che ascoltò per la prima volta qualche anno fa, quando da solo riuscì a restare in equilibrio sulla sua biciclettina e papà Salvatore si limitò a sussurrargli: «Vai».

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