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Nole, il gentleman che non trova tifosi

Djokovic soffre, il pubblico applaude i suoi errori, ma batte Simon. "Non mi sento solo contro il mondo e la gente ha diritto di scegliere"

Nole, il gentleman che non trova tifosi

nostro inviato Melbourne- La solitudine del numero uno è qualcosa che va oltre la comprensione di Novak Djokovic: è una sensazione inspiegabile, una colpa non dimostrabile. Non c'è campo che non lo applauda come si conviene al dominatore del tennis, eppure basta che vada un poco pochissimo in difficoltà e l'istinto si scatena. È questione di aurea, forse. È questione che il mondo non sempre sceglie di stare dalla parte del più forte, anche se il più forte cerca di conquistarselo con il sorriso. È una questione che fa di Novak il campione più tormentato della storia del tennis, perché per dire Federer ha ancora oggi il suo eterno fan club e Nadal il suo popolo adorante. Djokovic no, e chissà perché. In questi giorni di Open sulle tv australiane va in onda a ripetizione uno spot in cui Novak sprizza simpatia. E in fondo, poi: non è lui il re delle imitazioni? Quelle fanno ridere, ed infatti la gente ride. Ma non basta. Eppure Djokovic è impeccabile, un signore sul campo e fuori, un perfetto esempio per ogni bambino, il marito e padre ideale, un gentleman dopo ogni vittoria e dopo le quasi inesistenti sconfitte. Mai una scusa, mai un atteggiamento fuori posto. Però...Però è accaduto. E dopo New York - dopo quel match di finale contro Federer dello scorso settembre in cui il tifo contro ha raggiunto livelli da arrossire - anche ieri Novak non ha detto nulla, ha scosso solo il capo infastidito. In campo, contro di lui, c'era il francese Gilles Simon, la reincarnazione moderna di gattone Mecir, il tennista che ti imbrigliava con la sua morbidezza. Servizio a livello di torneo femminile, colpi quasi mai vincenti, praticamente un muro. Simon si è trovato due set pari con il Più Forte, e non si era mai visto un campione così sbagliare tanto. A quel punto, di solito, scatta la solidarietà. E invece no: ad ogni errore non forzato di Novak e alla fine saranno la stratosferica cifra di 100 ecco l'esultanza. Così al quinto set, quando Djokovic ha fatto il break sul 2-1, recuperando dal 40-0 di Simon, sul suo volto si è letta un'espressione quasi un po' disgustata. E alla fine, dopo 4 ore e 32 minuti, dopo l'ultimo punto vincente, Novak ha salutato quasi distrattamente la Rod Laver Arena, «ma ero solo scontento di come avevo giocato». Sarà: in fondo è vero, non si è mai visto un giocatore vincere un match dopo aver fatto 100 errori gratuiti. Però non si è nemmeno mai visto un numero uno amato così tiepidamente: «Ma non ho mai pensato di essere solo contro il mondo. Ho i miei tifosi, magari altri ne hanno di più: la gente comunque ha il diritto di scegliere». Ecco, il solito fair play di Novak Djokovic. Che quando uno spettatore gli ha urlato «basta con la palla corta!», ieri disastrosa, ha reagito con spirito: «Odio dirlo: hai dannatamente ragione». La gente a quel punto ha riso, ed ha pure applaudito.

Ma il numero uno è rimasto solo.

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