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Non basta Ringhiare. È psicodramma

È di nuovo fatal Verona. Gattuso: «Che figura, ci scusiamo. Ma io non faccio miracoli»

Non basta Ringhiare. È psicodramma

No, non è la fatalità di una tradizione dura da sconfiggere. A Verona si può spadroneggiare col Chievo (4 a 1) ma non con l'Hellas che pure, di questi tempi, non ha una classifica incoraggiante. No, non è nemmeno la maledizione segnalata da Gattuso sabato mattina che pure si potrebbe riconoscere sul primo sigillo di Caracciolo con palla che schizza sotto la traversa e poi rimbalza sull'avambraccio di Donnarumma prima di finire in rete. No. Questo è il rotondo fallimento della missione del Milan cinese, fallimento di natura tecnica prim'ancora che psicologico. Già perché la fragilità denunciata da Rino non è un comodo alibi ma una tendenza accertata nella stagione e documentata dal seguente dato: ogni volta che il Milan è andato sotto nel risultato, non è riuscito più a risalire la china. Anzi, invece di reagire in modo composto e geometrico, si è disunito moltiplicando gli affanni, gli errori, gli sbreghi sono diventati buchi enormi. Così è accaduto ieri a Verona, dove tra l'altro il suo incipit è stato di segno positivo perché il Milan è stato capace di costruire almeno una, due, tre occasioni da gol sventate da quel prodigio di portiere, oltre che dalla discutibile mira dei suoi attaccanti, Kalinic in testa. «Abbiamo fatto una figuraccia, dobbiamo chiedere scusa ai tifosi» le prime espressioni di Gattuso, ammutolito dinanzi alla panchina e in particolare spiazzato egli stesso dai due contropiedi feroci della ripresa che hanno consentito al Verona del contestato e maltrattato Pecchia di realizzare il più comodo e clamoroso dei suoi successi domestici. «Non bastano il coraggio e l'agonismo, i miglioramenti non si vedono in 2-3 giorni, non sono un santo io che fa miracoli» l'altra dichiarazione assolutoria. Qualche fondone l'ha commesso anche lui rinunciando dopo l'intervallo a Rodriguez per schierare Borini terzino.

Il Milan ha perso malamente nel giorno in cui ha apparecchiato il maggior numero di tiri in porta: 30 addirittura, un record da cestinare. E che porta dritti dritti al deficit più evidente, a parte quello denunciato in materia di organizzazione tattica, dai due contropiedi subiti: i tre centravanti schierati tra un tempo e l'altro, Kalinic, poi Cutrone e Andrè Silva hanno un contenzioso aperto col gol. Spazzati via anche eventuali alibi legati alle vicende extra-calcio che hanno fatto vivere al gruppo una settimana tormentata. «I calciatori ricevono puntualmente lo stipendio, non cerchiamo scuse» ha spiegato puntuale Gattuso che pensava d'aver superato la curva più complicata con il doppio successo su Bologna e Verona coppa Italia. Incassata la settima sconfitta in campionato, davanti a microfoni e taccuini si è presentato anche Massimiliano Mirabelli, il responsabile del mercato discusso ora anche dai tifosi che invece, durante l'estate, lo avevano eletto a loro idolo. «Rifarei le stesse scelte» ha ripetuto. Sbagliato. Perché almeno due o tre dei nuovi arrivati sono decisamente al di sotto dell'asticella: Calhanoglu per esempio, per non parlare di Andrè Silva pagato una fortuna (38 milioni), Borini. Mirabelli non si è tirato indietro nemmeno di fronte al duro attacco di Raiola. Questa volta è stato più accorto.

«Gigio non vuole lasciare il Milan, per ora sorrido dinanzi alle accuse di Mino, alla fine della stagione faremo i conti» ha promesso.

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