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"Non mi fermo più. Il prossimo anello è vincere con l'Italia"

Marco Belinelli: "Voglio ancora crescere e ho un sogno da realizzare. Cerco un successo azzurro, ha un fascino particolare"

Marco Belinelli
Marco Belinelli

Ha toccato il cielo con un dito il 16 giugno scorso, diventando il primo italiano nella storia a conquistare il titolo in Nba, il massimo campionato professionistico americano. Ma Marco Belinelli è uno che di voglia di vincere ne ha da vendere. Non si ferma mai, ha fame di successo. E ancora un sogno nel cassetto: «Trionfare con la nazionale italiana».

Marco, partiamo dalla fine: cosa vuol dire aver conquistato il titolo NBA?
È accaduta una cosa molto importante per me, per la mia famiglia, i miei amici e l'Italia intera. È un sogno diventato realtà, perché sin da piccolo sognavo un giorno di poter conquistare l'anello. Sarebbe riduttivo dire che sono contento; a dire il vero, non riesco ancora a connettere (ride, ndA), difficile descrivere quello che è successo. Ma se uno mi conosce bene sa quanto è importante per me.

Un cerchio che si è chiuso, quello tra te, la Nba e Manu Ginobili...
Vero, è una storia particolare; la verità è che io ha cominciato a 16 anni ad allenarmi al fianco di un campione come Ginobili e ora mi ritrovo ad aver vinto il titolo Nba proprio con lui, io 28enne al fianco di un 36enne che ha scritto la storia del basket. Però non dite che siamo vecchi: sono contentissimo di fare parte di questa grande famiglia che sono gli Spurs di San Antonio. Non ho mai giocato con gente così forte, dei veri professionisti, con voglia di vincere nonostante l'età e l'aver già trionfato in diverse circostanze.

Ora che hai vinto il titolo NBA, ti senti una star?
Io sono sempre stato un ragazzo umile, ma spero proprio che l'essere un ragazzo normale, che ha sempre lavorato sodo e che ora ha realizzato il suo sogno, possa diventare da traino per l'attività anche dei giovani. Già adesso che ho vinto il titolo sento molto calore da parte dei ragazzini che magari vogliono un giorno diventare come me. Penso d'avere un grande cuore e il carattere per andare avanti: ho vinto il titolo, sono migliorato, però so che voglio ancora crescere e vincere molto.

Hai toccato il cielo con un dito vicendo l'NBA, cosa può esserci oltre?
Vincere con l'Italia. È questo un altro traguardo importantissimo che voglio provare a fare mio. Me lo dicono in tanti, trionfare con la propria nazionale ha un fascino particolare. Ecco, questo mi manca ed è il sogno che vorrei si realizzasse.

Le ultime annate non sono andate benissimo però per gli azzurri...
Sì, ha girato tutto un po' storto, ma forse non eravamo così forti. E poi c'è stata anche una buona dose di sfortuna.

Ci sono stati momenti di sconforto? E se sì, come hai fatto ad andare avanti?
Oggi siamo qui a parlare del mio trionfo, ma devo ammettere che ho anche sofferto molto; ci sono stati momenti positivi e negativi, gente che mi ha criticato perché giocavo male o non giocavo affatto. Ma queste critiche, arrivate da gente che prima non mi prendeva nemmeno in considerazione e che magari oggi è qui ad elogiarmi, non mi hanno dato fastidio, anche perché ho sempre cercato di andare avanti per la mia strada.

Che tipo di critiche?
Tutti a dire “Belinelli è troppo magro...” oppure “Belinelli deve tornare in Europa, la Nba non fa per lui...”. Ecco, questo è stato il mio più grande traguardo raggiunto: l'aver avuto la forza di dimostrare a queste persone cosa valevo. E ora voglio far vedere di poter fare anche di più. La mia famiglia mi ha dato la forza per non mollare mai, ha sempre creduto in me. Ma probabilmente non avrei mollato, ho un carattere molto forte.

Ora però torni da vincitore. Il momento più bello della serie finale?
Il primo minuto giocato, quando Popovic (il coach di San Antonio, ndA) mi ha chiamato per scendere sul parquet. Non lo scorderò mai. E poi la bomba in gara-3: mi han detto che è stata importantissima, ma io sul momento non me n'ero nemmeno accorto.

In ultima analisi, cosa diresti ad Alessandro Gentile, chiamato dagli Houston Rockets?
Penso sia l'unico nel panorama italiano che può provare a farsi un nome in Nba. Io gli consiglio di provare subito ad inserirsi in questo mondo.

Non è facile l'impatto, non è semplice vivere in America e nemmeno farsi accettare subito in una squadra Nba se non sei americano.

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