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Ma paga per colpe non soltanto sue

Il lento esonero di Montella è cominciato quando Vincenzo ha accettato di mandare a casa il suo storico preparatore

Ma paga per colpe non soltanto sue

Il lento esonero di Montella è cominciato quando Vincenzo ha accettato di mandare a casa il suo storico preparatore, inviso a gran parte dello spogliatoio per la passione vegana. Era chiaro a tutti che dopo Marra, senza una vigorosa risalita in classifica, sarebbe toccato a lui pagare il conto. L'epilogo di ieri non spiega il deficit accumulato dal Milan in questi ultimi mesi, né declina tutte le responsabilità che non possono finire sulle spalle esclusive del tecnico napoletano. Montella ha commesso molti errori: ieri è stato il primo, col solito slancio di onestà intellettuale, a riconoscerlo. In estate ha dato fiato alle trombe rossonere durante il mercato e quando ha capito che la qualità dei nuovi arrivati non era così prodigiosa era troppo tardi per ridimensionare le aspettative. Il peccato originale è stato aver condiviso il piano di mettere da parte il vecchio Milan (Montolivo, Zapata, Abate, Bonaventura) per lucidare l'improbabile argenteria (Biglia, Musacchio, Calhanoglu, Kalinic) violentando Suso (schierato secondo attaccante) e impiegando così troppe settimane per venire a capo di un sistema di gioco affidabile. Di Francesco, che è stato per qualche giorno il candidato alternativo di Mirabelli nel caso Montella fosse partito per Trigoria, ha avuto una partenza stentata con la Roma ma poi ha ingranato la marcia. Dopo quasi cinque mesi di prove, esperimenti, cambi di sistema e schieramento, Montella ha continuato a perdere punti e sfide.

Qui finiscono le colpe del tecnico e cominciano quelle del club che ha puntato tutta la dote sul mercato per conquistare un posto in Champions, passaporto per far quadrare i conti del cinese. Ha rivoluzionato una squadra che invece andava puntellata, valorizzata, rilanciata con qualche campione autentico e non invece stravolta nelle lingue, nelle abitudini, nella provenienza da campionati i più diversi. Borini e Rodriguez, i meno pubblicizzati, hanno fin qui avuto un rendimento sorprendente; il più promettente, Conti, è stato fermato da un grave infortunio; gli altri, con qualche eccezione (Bonucci sulla strada del recupero) hanno clamorosamente tradito le attese. Il talento di Calhanoglu inespresso, la regia di Biglia mai apprezzata, la forza ciclopica di Kessiè smarrita e in particolare dagli attaccanti costati una fortuna (60 milioni tra Andrè Silva e Kalinic) non sono arrivati i gol che avrebbero dovuto marcare la differenza rispetto a Bacca, Lapadula e Niang. L'errore più grave è stato nella scelta del tempo dell'esonero. La fiducia in Montella è venuta meno dopo la sconfitta con la Samp: allora bisognava avere il coraggio di chiudere l'esperienza. Rino Gattuso ha fama di capo-branco, può risvegliare anime morte, non insegue un calcio raffinato e geometrico. Non ha nemmeno il tempo per apparecchiarlo. Domenica, all'ora di pranzo, per il debutto a Benevento avrà davanti l'antico rivale De Zerbi, col quale si misurò in duelli rusticani nel play-off tra Pisa e Foggia vinto con scene all'Ok Corral.

Sulla panchina del Milan dovrà almeno togliersi l'elmetto.

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