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Palermo, pilotato il mancato fallimento

Il giudice che ha salvato la società adesso è indagato per corruzione

Palermo, pilotato il mancato fallimento

Dietro al no al fallimento della società del Palermo calcio, chiesto dai pm del capoluogo siciliano, c'è stata una precisa volontà. Il crac andava scongiurato. Ne è convinta la procura di Caltanissetta che ritiene che la sentenza sia stata pilotata. Il giudice Giuseppe Sidoti, della sezione fallimentare del tribunale di Palermo, che faceva parte del collegio di magistrati e disse no al crac della società, è accusato di abuso d'ufficio, concorso in corruzione e rivelazione di notizie riservate. È stato sospeso per un anno dall'esercizio delle sue funzioni. Stessa misura per Giovanni Giammarva, ex presidente del Palermo calcio e commercialista, che è stato sospeso dall'Albo dei curatori fallimentari. Per lui l'accusa è di concorso in corruzione.

Le misure cautelari interdittive sono state eseguite da personale del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Palermo. L'inchiesta vede indagato anche l'avvocato Franco Di Trapani, uno dei legali della società rosanero che, stando alle indagini, ebbe rivelata da Sidoti l'intenzione di respingere l'istanza di fallimento avanzata dalla procura di Palermo. Agli atti dell'inchiesta è finita una telefonata tra Zamparini e Di Trapani dei giorni precedenti alla sentenza sul crac del club, in cui il legale afferma di avere incontrato il giudice e di avere captato un atteggiamento favorevole nei riguardi della società. Inoltre, Sidoti avrebbe via via riferito a Di Trapani le criticità riscontrate dai consulenti tecnici, in modo da consentire alla società calcistica di porre in essere gli accorgimenti necessari per scongiurare la dichiarazione di fallimento. Nel corso della conversazione, Sidoti avrebbe anche anticipato all'avvocato che verosimilmente il procedimento si sarebbe concluso con esito favorevole alla società calcistica. Come fu tre mesi dopo.

Per la procura di Caltanissetta, il decreto di rigetto dell'istanza di fallimento predisposto da Sidoti è da considerarsi «atto contrario ai doveri d'ufficio» in quanto è stato adottato in violazione dei doveri di imparzialità. E c'è di più.

Perché quanto fatto dal giudice sarebbe stato remunerato da Giammarva con una serie di favori, tra cui il conferimento di un incarico in un organismo di vigilanza per l'avvocato palermitano Vincenza Palazzolo, legata dal giudice.

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