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Pellegrino non tradisce La prima volta d'oro di un italiano da sprint

Il valdostano vendica Zorzi argento nel 2001 «Dovevo solo aspettare il momento giusto...»

Pellegrino non tradisce La prima volta d'oro di un italiano da sprint

Lo aveva detto e lo ha fatto: «Potrei giocarmi tutto in volata». E così Pellegrino è andato a prendersi la medaglia d'oro per tornare Re Federico. Per una notte, per sempre negli annali e per questi Mondiali, dove gli azzurri dello sci, in un febbraio iridato che per ora aveva lasciato con un pizzico di amaro in bocca (e due bronzi), risalgono cosi dal Fondo al gradino più alto del podio.

La medaglia nella sprint a tecnica libera arriva alle sei della sera, quando le tenebre accarezzano già i boschi bianchi di Lahti, stessa località dell'argento di Zorzi di sedici anni fa. Federico Pellegrino si lascia dietro tutti: gli altri senza berretto, lui con gli occhiali specchiati a non tradire nemmeno un'emozione. Da Ustiugov a Klaebo, nel segmento finale, Pellegrino ha dominato con intelligenza. L'oro se lo prende sulle ultime decine di metri scattando a destra, dopo l'ultima curva e mangiandosi gli avversari sul rettilineo finale, più lungo del solito.

Volata morbida, da "falco". E da "pelle" d'oca per chi guarda. Alla partenza, infatti, Pellegrino si era accodato in terza posizione in un trenino fitto ed agguerrito. Prudente, ma sempre lì, sulle code di chi intanto spendeva di più. Tattica, strategia: «La pista sembra facile ma nasconde delle insidie. Bisogna sfruttare l'ultima salita per aver un buon lancio sul rettilineo finale», aveva detto Chicco alla viglia. E così è stato e così ha fatto. Nelle qualifiche si era risparmiato ed impegnato il giusto. Giocando a nascondere le sue carte e la sua forza. Vinte le semifinali, il suo capolavoro arriva quando ormai ha anche smesso di nevicare. Piange, abbraccia neve e fidanzata Greta Laurent e poi le sue prime parole sono per i tecnici: «Lo devo a loro, avevo degli sci fantastici: questo mi ha dato tranquillità perché sapevo che il grosso del lavoro era stato fatto e che ero in crescendo», spiega Pellegrino ancora col fiatone. «Sapevo che era tutta una questione mentale: dovevo aspettare il momento giusto, e così ho fatto». E ha sempre fatto. Si perché è questa la metafora della sua stagione iniziata sghemba con quell'infortunio piccolo ma scomodo a Davos. Poi i dubbi che ti assalgono quando non ti ritrovi più quello che eri.

Eppure il leader, il campione in carica delle sprint è lui: lo scorso anno ha dominato la stagione, portando la coppetta in Italia. Non ci si dimentica di essere campioni. E lui non aveva mai scordato come fare. Al Tour de ski rinasce in Val Mustair con il podio. Un mese fa ritrova la vittoria, sempre in Scandinavia a Falun dove già si era portato a casa una medaglia mondiale nel 2015 nella Team, ma anche il rammarico di un quinto posto nella sprint. «Sono felicissimo, ma quanto è bella la Finlandia, questo stadio illuminato e questo pubblico dove ci sono anche tanti tifosi azzurri». La sua ricetta per il giorno più lungo?

«Alzarsi, colazione, un pò di ginnastica poi di nuovo a letto e sono anche riuscito a dormire. Poi una buona pasta italiana, ed ora la medaglia».

Nemmeno un re potrebbe chiedere di più.

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