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Phelps all'ultima ruga tra l'allievo e gli amici: "Me ne vado in pace"

Michael d'argento nei 100 farfalla, ex aequo con Le Clos e Cseh. Dietro al baby Schooling

Phelps all'ultima ruga tra l'allievo e gli amici: "Me ne vado in pace"

RIO DE JANEIRO - Tre rughe per parte. Verticali. Tre graffi, tre segni, tre racconti di vita che nascono sotto gli occhi piccoli spersi in un viso scoordinato e grande. Compaiono tutte le volte che Michael ride. Di gusto. Vocione, risata e, opplà: tre rughe gli accarezzano le guance. Davanti c'è il mondo a un metro da lui. Quel mondo che l'ha esaltato e raccontato e innalzato e criticato e sprofondato e ancora innalzato. E c'è anche il suo di mondo. È lì con lui. Accanto. Vicino. Quel mondo che ha battuto, sconfitto, umiliato, cambiato. Mondi al tempo stesso amici e nemici che però sono uniti nel rendergli omaggio in una spartana, squallida, inappropriata saletta dell'Aquatics center. Tre rughe. "È arrivato il momento giusto" dice. "Sono in pace con me stesso, col nuoto ho davvero finito, non sento nulla di strano come mi era accaduto dopo l'annuncio di Londra, quattro anni fa". Tre rughe. "Non si è mai felici quando si perde, e stasera sono solo d'argento. Ma trovo così bello e significativo che a battermi sia stato lui...". Si volta a destra e c'è Joseph Schooling, 21 anni, faccia da bimbo in un corpo da Superman.

Tre rughe. Quante volte Michael ha visto quella foto insieme. Joseph l'ha portata anche a Rio. Lui e Phelps. Lui ragazzino tredicenne a Singapore, in una scuola di nuoto che s'accorge all'ultimo che in visita c'è il grande campione. L'americano è diretto a Pechino, ci sono otto ori ad attenderlo, è l'estate del 2008. Il ragazzino di Singapore invece non è diretto da nessuna parte, "solo che dopo averlo visto e conosciuto dico alla mia famiglia di portarmi in America. Solo là potrò diventare un grande nuotatore come Michael".

Tre rughe. Il mondo davanti fa domande e tutte sono rivolte a Phelps. "Ehy, guys, ragazzi, la medaglia d'oro sta qui accanto a me, sono mica io il vincitore, chiedete a lui...". Michael non ha vicino solo questo ragazzo con la medaglia d'oro al collo, per di più storica per un Paese che fin qui non aveva mai vinto nulla alle Olimpiadi, per di più conquistata con record olimpico (50''39). Joseph che gli ha tolto il 23° oro è alla sua destra. Più in là Chad Le Clos, il sudafricano che fu l'ultimo, prima di Schooling, a toccare ai Giochi davanti a lui e il primo a batterlo nei suoi amati farfalla. A Londra, 200 farfalla persi per 5/100. A sinistra siede il vecchio Laszlo Cseh, rivale di mille sfide. C'è il mondo del nuoto accanto a lui. Un vincitore e tre tutti d'argento, tutti a pari merito, 51''14, tempo fotocopia. Mai accaduto. L'ultima gara individuale del più grande nuotatore di sempre e del più medagliato di tutti (27) non poteva concludersi con un bronzo suo o di chicchessia a togliere sole e luce al podio del suo addio.

Tre rughe. Ascolta Schooling raccontare di sé e di lui. Sa già tutto. "È incredibile pensare a quanto è successo, alla vittoria, a me adesso qui accanto a Michael. Lui è la ragione per cui io nuoto, lui è il motivo dei miei sacrifici, se io sono io lo devo a lui". Tre rughe. Phelps ascolta l'omaggio di Laszlo, l'ungherese, il rivale di una vita. "Sono dieci anni di sfide fra noi, giusto che sia venuto fuori un podio così, tutti insiemi, siamo amici noi...". Notte magica. Davvero. Lo si avverte. Nello sport succede quando rivalità e fatica e rispetto e giovinezza e vecchiaia si miscelano fra loro senza traumi. Così l'atleta emergente è grato a quello che lascia, l'atleta che ha spesso perso tira un sospiro di sollievo, l'atleta che va saluta felice perché s'illude gli vogliano tutti un gran bene. Non importa. "Sono felice" sorride Michael. "Perché sono stato in grado di chiudere la porta esattamente nel modo in cui avrei voluto (4 ori, un argento e nella notte la 4x100 mista potrebbe avergli regalato una medaglia in più)". Pausa. Pensiero. Occhi piccoli che rimbalzano nel viso grande. Cerca le parole. "Sapevo bene quando decisi di ritornare che sarebbe stata dura, che mi sarei dovuto sforzare ad affrontare di nuovo fatica e dolore fisico, ma ero a un punto della mia carriera e della vita in cui mi sentivo in grado di farlo e in fondo lo desideravo... Ora non più. Da domani smetto. Sono pronto. Ho l'agenda piena di cose belle da fare". Tre rughe. Perché sorride. Perché ride. Perché è felice. E ha 31 anni.

Si è visto allo specchio.

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