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La potenza di una squadra cannibale

Sono piccole storie di football ma i cannibali della Juventus approfittano di qualunque cosa

La potenza di una squadra cannibale

L a Juventus va in finale di Champions. Il Monaco ha resistito lo spazio di un tempo, il vantaggio dell'andata ha permesso ai bianconeri di giocare senza l'ossessione del risultato. La Juventus va in Galles, terra di un suo idolo antico e mai dimenticato da chi ama il football: John Charles era il gigante buono, veniva da Swansea, venne a Torino, passò a Roma e andò a concludere la sua carriera enorme, anche con il Cardiff City. I giganti di ieri sera portano il nome e cognome di Mario Mandzukic e Dani Alves. Il primo non ride nemmeno con il solletico. Quando ha segnato il gol è sembrato più incacchiato di mai. È un croato di quelli duri e maligni, ha battuto il suo compatriota e sodale di nazionale Subasic che, fino a quel momento ma anche dopo, aveva tolto le ragnatele dalla propria porta. Il secondo è un brasiliano dato per finito e sfinito (si era concesso alcune distrazioni all'inizio della sua avventura torinese, pensando di trovarsi in un centro vacanze, poi la fabbrica juventina lo ha informato del regolamento di casa), gli accade di portare in finale la squadra che lui medesimo aveva battuto due anni fa, indossando la maglietta blaugrana del Barcellona, a Berlino.

Sono piccole storie di football ma i cannibali della Juventus approfittano di qualunque cosa, ribadendo di essere di lusso in Champions, come lo sono, da anni sei, in serie A e vanno a ribadirlo nella finale di Coppa Italia contro la Lazio. Tutto previsto, si dirà e scriverà, ma le partite vanno giocate, non con i proclami, ma con la voglia e la qualità degli interpreti. La potenza del croato e i coriandoli tecnici del brasiliano hanno confermato che le scelte del club, post Conte, sono state perfette e Allegri ne sta ricavando il massimo, per lui, per l'almanacco bianconero.

A Cardiff la Juventus ritroverà, salvo clamorosi colpi di scena, Zinedine Zidane, un altro suo monumento, come John Charles. La storia del calcio non ha mai pagine bianche.

Ma questa va ancora scritta.

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