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"Pronto a ripartire da zero. Sarò di nuovo un Razzo"

L'azzurro: "Con la testa più preparato di quando ho vinto le Olimpiadi. Datemi un mese e torno..."

"Pronto a ripartire da zero. Sarò di nuovo un Razzo"

A Babbo Natale non crede da tempo: inutile scrivergli, nemmeno ora, che la coppa del Mondo di Sci alpino riparte con lo slalom, nel fine settimana, proprio dalla Finlandia. Giuliano Razzoli, 2 vittorie, 8 podi, oro olimpico a Vancouver 2010 e specialista di tira e molla con la sorte, ai miracoli pensa da solo, considerata la dose nera di infortuni che, negli ultimi mesi, lo ha accompagnato. Lui, il «Razzo d'Emilia», classe 1984, ha messo tutto per iscritto: alle stampe ha appena dato il suo primo libro, Vai, Razzo, veloce e feroce (Infinito Edizioni, con Luca Leone, prefazione di Alberto Tomba). «Mi sono divertito. Ero fermo, il ginocchio da ricostruire. Ho pensato di mettere ordine fra i pensieri. Il libro è nato così» racconta. In valigia ne ha portata una copia a Levi, oltre quel circolo polare artico, dov'è arrivato martedì scorso a caccia di pali, slalom e inverno. Nella terra di Babbo Natale una letterina, però, oltre alla dedica sul libro non può mancare: «Che cosa chiedo? Niente balocchi, ma un po' di salute». I sogni non si derubricano mai, ma per Giuliano Razzoli stringere una tregua con la «sorte» sarebbe già il regalo più bello.

Al resto pensa lei, Razzo?

«Non so come sarà la gara di Levi, ma ho bisogno di ripartire. Poi avrò un mese per sistemare le cose. Ci terrei a fare bene a Campiglio, una gara che ho nel cuore».

Lei era già convalescente dopo la rottura del crociato sinistro lo scorso gennaio a Kitz. E poi a fine ottobre un nuovo stop

«In allenamento: trauma distorsivo contusivo, sempre al solito ginocchio. Fermo quasi 20 giorni».

Un passo alla volta: come va il dolore?

«Sta passando: ho trascorso settimane intensissime a Fontanellato con il mio angelo, il fisiopreparatore, Luca Caselli. Un lavoro mirato a non perdere il tono muscolare. Certo non ci voleva: ma quante volte l'ho già detto?».

Molte, in effetti. In estate com'era andata la ripresa dopo la rottura del crociato nella maledetta prima manche di Kitz?

«Ho dovuto ripartire daccapo, prima in campo libero, poi sciando coi pali nani. Come un bimbo. Ora devo riannodare i fili da dove ho lasciato a fine ottobre quando ero in linea con la preparazione, considerato l'infortunio».

Riavvolgiamo il nastro: il Razzoli dello scorso anno era il più forte di sempre?

«Diciamo più temprato. Rispetto a quando ho vinto le Olimpiadi, sono mentalmente più preparato. E nelle ultime due stagioni le cose avevano ripreso a girare molto bene, grazie ad una preparazione mirata a non appesantirmi. Non ero più imballato. Avevo ritrovato brillantezza. Fondamentale quando hai a che fare con folletti come Kristoffersen o macchine perfette come Hirscher».

La scorsa stagione è stata un crescendo, costellata però sempre da piccoli intoppi.

«In Val d'Isère ho avuto problemi con i pali che si spaccavano sotto gli sci. A Campiglio ho chiuso quarto, giro a vuoto a Santa Caterina, decimo ad Adelboden, secondo a Wengen».

Poi quella selva selvaggia accanto alla Streif...

«A Kitz ero appena tornato nel primo gruppo. In pochi secondi mi son trovato con un ginocchio a pezzi».

Ha paura che quest'anno possano disegnare ancora delle manche così illogiche come a Kitz?

«Interpretare i tracciati è il nostro mestiere, ma chi disegna deve sempre avere in mente la sicurezza degli atleti. Vuoi stupire con un tracciato fantasioso? Ci sto. Però la sicurezza prima di tutto: in discesa si rischia di più, ma un ginocchio te lo giochi anche in slalom».

C'è più passato o futuro nel suo libro?

«Il futuro è la mia acetaia, che ho cominciato a ristrutturare questa estate. Ci farò l'aceto tradizionale balsamico, uno dei gioielli della mia terra.

Ora però ho voglia di presente e di sci».

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