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"Pronto a tornare in azzurro. Ma prima il bis con gli Spurs"

La guardia bolognese ai playoff Nba con San Antonio: "Che emozione essere ricevuto dal presidente Obama..."

Marco Belinelli
Marco Belinelli

Fra tutti gli sportivi italiani è Marco Belinelli a giocare nella squadra più importante del mondo. Ha iniziato i playoff della Nba con i campioni in carica di San Antonio (ko nella prima sfida con i LA Clippers, gara 2 nella notte), viene da una stagione tribolata con gli Spurs ma può confermare l'anello vinto un anno fa al primo colpo. I texani hanno chiuso la stagione regolare vincendo 22 partite delle ultime 26, ma la sconfitta nella giornata conclusiva li ha fatti precipitare in sesta posizione nella griglia. Due italiani (Gallinari e Bargnani) non si sono qualificati per la post season , ce l'ha fatta invece Gigi Datome con i Celtics, dopo essere stato spedito nella lega inferiore da Detroit.

Belinelli, giocherete insieme in nazionale come agli Europei 2013?

«La mia volontà c'è assolutamente, sono pronto a tornare».

Un anno fa Gentile venne scelto al secondo giro da Minnesota, che aveva ceduto i diritti a Houston. Sarà il quinto italiano in Nba?

«Sarei contento se si aggiungesse alla nostra pattuglia qui. Ha grande talento e in Italia sposta gli equilibri a favore di Milano».

A proposito, l'Armani ha perso il derby di Cantù, dopo 20 vittorie di fila in campionato. È l'effetto Metta World Peace, stimolato dall'accusa di prevedibilità mossa dall'azzurro Tomas Ress?

«Ho giocato tante volte contro di lui, in particolare nel playoff che lo portò al titolo con i Lakers, io ero a New Orleans. Fisicamente è grosso, sono felice di vederlo in serie A. Lo rispetto perché vanta una bella carriera».

Adesso il numero uno al mondo è Steve Curry, il playmaker di Golden State?

«È fantastico, ha un talento pazzesco, gioca veramente da Dio. Il titolo di mvp della regular season glielo contende James Harden».

Già, il "barba" degli Houston Rockets, secondi nella Western Conference.

«Darei il premio a Curry solo perché la nostra conference è più difficile e ha portato al primo posto i Warriors con 67 vittorie».

Da marzo i suoi "speroni" hanno la seconda miglior difesa del campionato e l'attacco più prolifico. È solo merito del recupero di Leonard, mvp delle ultime finals?

«È un grande giocatore, un compagno super, per noi è fondamentale. In difesa è fantastico, marca quasi sempre il più forte degli avversari, in attacco adesso lo sfruttiamo in post basso».

E i francesi Diaw e Parker?

«Hanno ritrovato la migliore condizione, così è cresciuta la squadra a livello mentale e di concentrazione. Il nostro rendimento è aumentato dopo l'All Star Game grazie a tante piccole cose. Vorremmo giocare sempre bene di squadra e aggressivi in difesa. Ora però arriva la parte più importante della stagione, giochiamo sempre per vincere».

Magari in questo primo turno le capiterà di marcare il suo amico Chris Paul…

«Fronteggiarlo mi stimola molto. Con la sua regia, i Clippers non faticano a segnare, dobbiamo essere molto aggressivi dal primo minuto, soprattutto in difesa, sporcare qualche pallone: hanno tanti giocatori molto atletici, DeAndre Jordan, Blake Griffin e lo stesso JJ Redick».

A fine stagione diventerà proprietario del cartellino?

«La mia freeagency rimane un punto interrogativo, è impossibile rispondere ora. Dipenderà dalle offerte e dagli Spurs».

A novembre è arrivato in panchina Ettore Messina, il primo coach europeo a vincere una partita in Nba.

«Con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, da quando mi ha fatto esordire in serie A alla Virtus Bologna, prima di passare alla Fortitudo. Condividendo la stagione, ho avuto l'opportunità di conoscerlo sempre di più: è un grandissimo, anche come persona. L'avevo sempre visto serio, incazzato o cose del genere, invece è anche molto simpatico, disponibile. Fondamentale non solo perché parliamo la stessa lingua. Suggerisce consigli, sono lieto di averlo al mio fianco in questo momento. E poi è un vincente, pure in questa nuova avventura».

A dicembre siete stati ricevuti alla Casa Bianca, il coach però era seduto tra il pubblico, non facendo parte dello staff dei campioni Nba. Dunque lei è fra i tre italiani che hanno conosciuto Obama in questi mesi, dopo Renzi e l'olimpionico Campriani.

«Un momento indimenticabile, essere ospiti alla White House è fantastico e spero succeda ancora, perché il presidente riceve chi ha vinto il titolo Nba. Ha speso anche belle parole su di me, rendendo il momento ancora più particolare. Da italiano, poi, arrivargli vicino, stringere la mano alla persona più importante del mondo è stupendo, mi rende orgoglioso perché rappresentavo l'Italia. E sono contento anche di tutti i messaggi ricevuti sui social, delle belle parole dei tifosi».

Come viene visto un italiano negli Usa?

«Sempre con simpatia. Siamo famosi per i bei posti e per la cucina». Ora anche per i giocatori Nba. Perché un anno fa Beli da San Giovanni in Persiceto si è aggiudicato la gara del tiro da 3 all' All Star Game .

E adesso vuole contribuire al 6° titolo dei nerostellati.

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