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Le proteste non nascondano i limiti

Errori tecnici ed immaturità: mai come quest'anno occasioni perse

Le proteste non nascondano i limiti

I sogni non finiscono all'alba. Quelli del calcio, evaporano di sera. L'Europa è un'isola lontana per le nostre squadre. Puntualmente, l'estate porta euforia, stimola progetti di allegria, suggerisce slanci sollecitati dal clima dolce di Montecarlo, nel giorno dei sorteggi. Poi arriva il campo, poi arrivano i verdetti, non quelli delle urne tra risate e provocazioni, arriva la legge della partita, degli arbitri incapaci, dei don Abbondio con il fischietto, di gol sbagliati, di rigori non assegnati, di infortuni e squalifiche e allora la realtà contraddice tutto quel repertorio felice confezionato nel principato di Monaco. L'ultima a destarsi dal sogno è stata la Roma, battuta da se stessa, dalla partita sghemba all'Anfield e dalla qualità del Liverpool di Klopp. Di certo l'impresa romanista è stata superba, avendo fatto fuori Atletico di Madrid, finalista di euroleague e Chelsea, finalista di coppa d'Inghilterra. Ma oltre ai rancori, la squadra di Di Francesco ha evidenziato limiti tecnici, soprattutto in difesa, insieme con la latitanza dei suoi uomini chiave di centrocampo, Nainggolan e Strootman.

Prima era toccato alla Juventus, eliminata dal Real Madrid con tutti i bidoni di immondizia che ne derivarono ma comunque arresasi all'esperienza e al cinismo di un club che sta alla più importante coppa europea come Frank Sinatra alla musica leggera. La Juventus sfiora la coppa ma non la solleva, dovrà rinforzarsi eccome per competere come ha saputo fare negli anni scorsi, lo sa Allegri che forse ha la valigia pronta, lo sanno i tifosi, lo sa la società che però deve fare i conti con il bilancio non più prosperoso. In Champions c'è stato anche il Napoli, se qualcuno lo avesse dimenticato. Una fuitina, il tentativo romantico di dare lezione di football anche a Guardiola, furbastro nelle dolci parole verso Sarri ma poi pronto a spedirlo a casa, Napoli dedicato tutto al campionato, distratto anche nel torneo bis, la Europa League, Napoli che ha bisogno di capire che cosa fare da grande, sempre che lo voglia il suo presidente padrone. Poi ci sono le altre, idem come sopra, Lazio, Atalanta, Milan alla ricerca della storia perduta, battute e sbattute da errori arbitrali e deficienze tecniche, immature e jellate, incomplete e fragili.

Il calcio italiano di club non può appellarsi soltanto al Var e al peso politico. Deve prendere coscienza della propria dimensione, una federazione e una lega commissariate, la nazionale fuori dalla fase finale dei mondiali, la battaglia dei diritti televisivi ancora aperta e piena di zone ambigue, uno stato contabile ai limiti del fallimento. Ma il problema è il Var. Senza concentrarsi invece sul mondo arbitrale, nostro e internazionale, arretrato rispetto alla velocità che ha preso l'intero sistema calcistico.

Sarà per un'altra volta, come sempre, inseguendo il passato e cercando il futuro ma con rare prospettive di potercela fare.

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