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Provaci ancora Inter Mazzarri se la gioca: «Io non ho paura»

nostro inviato ad Appiano G.

Alla larga dal 5 maggio, l'Inter se ne sta più tranquilla e guarda il derby con l'occhio dei golosi. L'ultimo di maggio (2012) portò un bel 4-2 ai nerazzurri. L'unico 4 maggio (2008) portò, però, un 2-1 nell'incasso milanista. Inter a caccia dell'Europa, basta poco per arrivarci, Mazzarri non vuole distrazioni: guai a parlare di mercato, ancor meno dei cavalieri del Triplete pronti a far le valigie, figuriamoci se vi racconterà il tirar di somma su questa stagione non proprio esaltante. Il tecnico e l'uomo si macerano nel dubbio: segno e son desto. Oppure: incasso e sono fatto fesso. Il tecnico allarga l'orizzonte e parla di gioco, ma poi ricorda che questo derby potrebbe essere deciso dal miglior assetto difensivo. «Può fare la differenza». Deve aver studiato bene le falle della difesa milanista e certamente riconosce gli alti e bassi della sua retroguardia.
Neppur gli interessa se Pazzini e Balotelli giocheranno insieme. «Non ho paura di niente», dice nello stile del miglior Conte. Poi sapete com'è finita con il Benfica. Piuttosto sarebbe pronto a mettere la briglia perfino a Balotelli, se glielo mettessero fra le mani. All'Inter hanno già provato l'effetto che fa. Mazzarri è nuovo dell'ambiente, non si sarà fatto raccontare. E allora risponde a domanda insidiosa («Le piacerebbe allenare Super Mario?») con replica ambiziosa: «Mi stimola allenare giocatori non banali». Inutile ricordargli che può allenarsi con Icardi, bomber garantito seppur un po' folleggiante. Mazzarri è una roccia: «L'ho detto, sono stimolato dai ragazzi non banali. Mi piace Icardi e credo di essere la persona giusta per dargli consigli calcistici e per la vita privata. Qui si comporta da professionista, si impegna e lavora. Quindi non ho niente da dire».
Derby che non vale una stagione, nemmeno una supremazia cittadina ora dettata dalla classifica e dal risultato dell'andata (vinse l'Inter) perché Milan e Inter sono abituate a ben altro. E questa stagione non è degna del rango. «Però il Milan era partito dal terzo posto dell'anno passato. Noi dovevamo lavorare di più, loro potevano fare di più». Quelli di Mazzarri sono schizzi più che ragionamenti a lunga gittata. Come dire: vedi il derby e poi parli. Sarà derby da bad boys. Ci sarebbe da augurarselo. Ma il tecnico teme di più le brutte trovate dell'Inter: «A volte abbiamo dei black out, non ero abituato e non è facile capirne il motivo. Così abbiamo perso punti e devo stare attento. Spero che almeno in queste tre partite non ci siano problemi. In una sfida come il derby, l'attenzione è assicurata: sarà un'altra prova». In tal concetto, che ripete da tempo, è racchiusa tutta l'insicurezza di Mazzarri sul suo lavoro, sulla squadra, magari sul restare legato alla panchina nerazzurra.
Derby per panchine bollenti: quella interista si è appena raffreddata, quella milanista è degna di un inferno. Mazzarri ha sempre sventolato il potere della gavetta: ci sono quelli che la fanno (come lui) e quelli che non l'hanno fatta (vedi Seedorf). Un'altra faccia di questo derby. E qui scivola sulla banana. Parla delle differenze calcio-sociali. «Nel nostro mondo essere stati grandi campioni aiuta per finire nelle squadre d'elite. Come è accaduto, ad esempio, a Mancini e Ancelotti. Io, invece, sono partito dal basso, mi sono dovuto conquistare la fiducia. Tanto meglio per Seedorf». Che, poi, la vocina di sottofondo dica: sei al Milan perché conoscevi il presidente, è tutt'uno con il rischio di gaffe che sottende il discorso. Non saranno felicissimi i colleghi citati.
Ma nel derby serve un poco di cattiveria, è l'anima della sfida ed anche della partita. Il tecnico parla di fascino che non manca mai. Poi tocca ai giocatori. «È il momento di Kovacic», ripete per spiegare gli stand by di Guarin e Alvarez. Ha un dubbio sulla fascia: Jonathan favorito su D'Ambrosio. Il resto è chiaro. Anche la lunga sequenza di pareggi che ha tradito l'Inter non depone a favore. «Un pari non è mai una sconfitta, pur se talvolta c'è da mangiarsi le mani». Stavolta non c'è neppure Thohir in tribuna.

L'Inter non ha alibi.

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