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Psicodramma Milan: adesso il Psv fa paura

Mancare la Champions farebbe precipitare la situazione. Sotto accusa i giovani senza motivazioni e il deficit fisico

Psicodramma Milan: adesso il Psv fa paura

Se non si salva nessuno, ma proprio nessuno, dal portiere Abbiati (ma quando si affronterà questo nodo?) alla panchina, allora è meglio cucirsi la bocca. Come ha fatto in queste ore Adriano Galliani che ha lanciato in giro occhiate incendiarie ma è costretto a tacere e a interrompere le sue ridotte vacanze per presidiare Milanello ed evitare che il patatrac di Verona si trasformi in uno psico-dramma mercoledì notte.

"Fino a mercoledì non dirò una sola parola" è la promessa del dirigente ai cronisti, riconfermata anche nella prima domenica di campionato santificato al telefono e davanti al plasma. Segno che pure sul conto del tecnico Max Allegri, l'ad milanista ha rilievi da presentare ma per non rendere ancora più fragile la sua panchina se ne è astenuto a fatica. Perché il colloquio con il presidente Silvio Berlusconi, assediato e assillato da ben altre questioni, non ha riservato note d'incoraggiamento. Semmai ha dato sfogo a cupi scenari che sono ormai sotto gli occhi di tutti. Mancare la qualificazione di Champions contro il Psv significherebbe far precipitare la crisi: fuori dalla coppa più prestigiosa e in ritardo già alla prima di campionato diventerebbe l'uno-due capace di abbattere anche un toro, non solo il livornese dal capello corto e dall'incerto futuro.

Al tecnico non si possono addebitare scelte sbagliate, semmai non essersi accorto di quel lento ma progressivo retrocedere della squadra tra la fine del primo e l'inizio del secondo, il deficit fisico che è diventato ormai un nervo scoperto (basta farlo correre il Milan e lo metti alla berlina) e la mancanza di motivazioni. Perché gli altri colleghi ruggiscono e da lui arrivano solo frasi comprensive in pubblico? In privato, a telecamere spente, dovrebbe attaccare al muro qualcuno dei giovanotti alle sue dipendenze, tipo Niang, El Shaarawy, Zapata per far comprendere loro che non si può più giocare col Milan e con la sua maglia. Illuminante è apparsa ieri una frase di Zapata che in tempi non sospetti ha dichiarato: «Con attaccanti come Gomez, Higuain e Tevez quest'anno non sarà una passeggiata». Forse pensava che lo sarebbe stato con Toni. Meglio che corregga al volo il suo elenco di clienti pericolosi.

Il primo a rendersi conto che nessuno può dirsi innocente è stato proprio Mario Balotelli con il tweet di sabato notte nel quale ha espresso «i complimenti ai giocatori del Verona», non a Mandorlini forse perché l'allenatore lo ha ignorato bellamente nel sottopassaggio al Bentegodi, e ha messo il petto davanti al plotone d'esecuzione. Bella prova di auto-critica accompagnata dal dato statistico non irrilevante: e cioè che quel secco e bruciante 2 a 1 di Verona è la prima sconfitta del 2013 con Mario in campo (contro la Juve non c'era per squalifica) per il Milan. Il cinguettio sulla strada malinconica del ritorno a casa non è stato sufficiente a lenire le ferite e in particolare non è riuscito a mettere a tacere le critiche aspre e feroci del popolo rossonero. Ma Balotelli non è il solo da meritare una dose industriale di richiami.

Gli altri nomi sono sulla bocca di tutti e forse è il caso di citare anche Nocerino che è sempre pronto a lamentarsi delle esclusioni mai a riconoscere di essere un fantasma rispetto a due anni fa, forse da quando ha smesso i panni dell'umile gregario e ha indossato quelli (gli stanno molto stretti) del genio incompreso e del vip per dare lustro alle iniziative della moglie.

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