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"Punitivo o migliorativo, ecco perché il ritiro divide"

«Ma per il club può essere un atto per ottenere più risultati e gli atleti hanno l'obbligo di rispettarlo...»

"Punitivo o migliorativo, ecco perché il ritiro divide"

Avvocato Cantamessa, a Napoli è scoppiata una fastidiosa grana tra società e squadra: cosa raccontano i sacri testi del diritto sportivo?

«A leggere l'Accordo Collettivo, il sostantivo ritiro viene utilizzato in un solo articolo, il 7.3, nel quale però si fa soltanto obbligo alle società di provvedere al trasporto dei propri tesserati in occasione di viaggi e ritiri».

Fine della discussione, quindi?

«No, la discussione continua invece. Perché c'è un successivo articolo, il 10.1, che impone ai calciatori di rispettare tutte quelle decisioni della società utili al conseguimento del risultato agonistico. In linea di principio, quindi, anche il ritiro può finire nella categoria dei provvedimenti atti a ottenere il miglior risultato agonistico».

Non ci sono eccezioni a questa regola?

«L'eccezione è costituita dall'intento del provvedimento stesso. Qualora, infatti, risultasse di natura punitiva, non sarebbe legittimo, perché una sanzione quale quella non è prevista».

Il presidente De Laurentiis, nella dichiarazione resa alla stampa, aveva specificato che «non si tratta di una punizione ma di un aiuto offerto a squadra e allenatore».

«Verissimo. E su questo punto si apre la discussione. Perché non basta che sia reso pubblico dal club l'intento non punitivo. Bisogna anche che i calciatori non lo vivano come una punizione e che in concreto non lo sia».

In sintesi si tratta di una materia non ben definita e quindi in grado di provocare più interpretazioni diverse

«Esatto».

Scusi avvocato Cantamessa, lei è un esperto di diritto sportivo, è stato dirigente del Milan berlusconiano e ora del Monza: in questi casi così complicati, come se ne esce?

«Se vuole una mia considerazione finale, nata dalla conoscenza personale, considerazione che badi bene - non vuole essere un consiglio, posso chiudere sostenendo che c'è una sola persona in grado di disinnescare questo caso spinoso trasformandolo in una grande ricarica motivazionale per tutto lo spogliatoio.

È Carlo Ancelotti».

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