Brasile 2014

Quattro punti cardinali nella bussola di Prandelli

Pirlo, De Rossi, Verratti, Marchisio gli uomini del nuovo tiki taka. Anche Henry incantato da Andrea: "La traversa? Ha voluto prenderla"

Quattro punti cardinali nella bussola di Prandelli

Da una sventura può nascere una fortuna. Poche ore dopo quel terribile crac al perone di Montolivo, Cesare Prandelli maturò l'idea che adesso ha stregato la critica e fatto resuscitare il tiki taka. Sembrava steso, stecchito, finito sotto terra e non solo perchè i legittimi proprietari di quel brevetto calcistico, il Barcellona, avevano denunciato un malinconico declino. Persino la Spagna, che ne aveva ereditato tutti i diritti, qualche ora prima, era rimasta asfaltata dall'Olanda moltiplicando i de profundis. Passando dal modello spagnolo, diritti assicurati a Pep Guardiola, a quello italiano, il tiki taka di Cesare Prandelli è diventato palleggio oppure il centrocampo dei due architetti, Pirlo e Verratti. Disquisizioni a parte, è la sostanza che conta. E la sostanza calcistica della sfida Inghilterra-Italia ha segnalato quanto segue: possesso palla sfacciato a favore degli azzurri che hanno cominciato a ritmo basso, un filo di acceleratore, per poi imprimere alla sfida le cadenze serrate utili a sorprendere e stordire gli inglesi e a custodire il controllo del gioco anche negli interminabili 5 minuti di recupero conclusivo. Quattro punti cardinali, in continuo movimento tra di loro: sembrava una bussola impazzita quel centrocampo italiano schierato in Amazzonia. Pirlo dietro a ricucire e avanti a suggerire, come sul lancio per Balotelli nel finale del primo tempo, Verratti più indietro di tutti o laterale, De Rossi scorta personale di Pirlo in ogni trama, Marchisio a capo del drappello d'assalto per non lasciare Balotelli solo. É così che la Nazionale, padrone del gioco e del campo, ha messo sotto l'Inghilterra e raccolto le prime lodi (leggi Mourinho) di un mondiale tutto da scoprire e da completare.

Impossibile conteggiare il numero dei tocchi, dei passaggi, tutti molto corti, ripetuti, tipo uno-due, tantissimi di precisione millimetrica, pochi, e senza grande fortuna, i lanci provati nell'intento scoperto di prendere in contropiede la difesa inglese. Così, muovendo le altre pedine negli spazi non coinvolti dal tiki taka azzurro, la nazionale ha preso campo e coraggio, ha continuato ad avanzare e a martellare, con particolare efficacia sul binario di destra dove l'intesa Candreva-Darmian, inventata all'istante, ha offerto frutti dolcissimi. Solo sul conto di Pirlo, è venuta fuori una statistica utilizzata dai media anglosassoni per smerigliare l'oro zecchino del bresciano che già nell'europeo di due anni prima aveva ricevuto lodi sperticate. Non per un gol qualunque ma per quel rigore, col cucchiaio, irriverente come uno sberleffo, che servì a capovolgere l'inerzia della sfida dopo il pari conclamato dei 120 minuti regolamentari. 103 i passaggi firmati nei 96 minuti di Manaus, e di questi soltanto 5 quelli sbagliati, finiti sui piedi dei rivali: una percentuale da primo della classe. Impreziosita alla fine anche da quella punizione che ha suscitato un paio di commenti («il miglior calcio di punizione senza gol del mondiale» per Usa Today). Thierry Henry s'è divertito con un paradosso: «Secondo me Pirlo ha voluto colpire la traversa». Il diretto interessato, il portiere Joe Hart, rimasto pietrificato sulla parabola velenosa che all'improvviso, come sospinta da un vento malandrino, ha cambiato traiettoria, ha lasciato spazio all'inchino.

Si è avvicinato a Pirlo, alla fine, gli ha stretto la mano e ha chiosato: «Ehi, wow».

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