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Nibali: "Questo Tour è il mio mondiale. Ho vinto grazie all'antidoping"

Orgoglio Nibali: "In troppi mi finivano davanti. Senza controlli non sarei qui Devo ancora rendermi conto di aver coronato un sogno, è tutto così irreale"

Nibali: "Questo Tour è il mio mondiale. Ho vinto grazie all'antidoping"

Pèrigueux Parigi incoronerà questa sera il nuovo re. Attorno alle 19, Vincenzo salirà sul quel podio che è sogno di ogni corridore. Uno dei podi più prestigiosi dello sport mondiale. Oggi ci salirà per la prima volta un siciliano cresciuto in toscana: Vincenzo Nibali. È il settimo italiano a vincere il Tour. È il sesto corridore nella storia del ciclismo ad aver vinto Giro, Tour e Vuelta. Anche lui rientra nel ristretto club di chi può mostrare “la tripla corona”: oggi Parigi incoronerà un nuovo re.

Vincenzo, ora lo puoi dire: hai vinto il Tour.

«Aspettiamo. Penso che l'Arco di Trionfo e la premiazione siano i momenti più belli. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarà da pelle d'oca. La prima volta che sono venuto al Tour sono rimasto stregato dalla bellezza di Parigi. E poi è tutto un po' irreale; devo abituarmi piano, piano. Il pensiero di aver vestito questa maglia dal secondo giorno è stato logorante».

Lo scorso 15 febbraio Tonina Pantani, madre di Marco, ha dato a Michele Scarponi la maglia di suo figlio come segno benaugurante per il tuo Tour: le avevi fatto una promessa...

«Ci siamo sentiti al telefono con la mamma Tonina. Andrò a trovarla e le porterò la mia maglia gialla».

Ci sono delle similitudini con il tuo successo e quello di Marco?

«No, sono due cose molto diverse. Marco prese la maglia negli ultimi giorni, io l'ho presa in pratica subito. La storia dei nostri Tour sono molto diversa».

Giro o Tour?

«Per me la Vuelta è stata la gara più importante perché mi ha fatto capire che avrei potuto vincere i Grandi Giri. È chiaro che per me italiano il Giro è la corsa più speciale, però nel contesto mondiale il Tour è tutto. A livello mediatico è incredibile: non ho mai visto tutti assieme tanti giornalisti. A livello internazionale il Tour è qualcosa di unico. E poi anche il lotto dei partenti qui in Francia è molto più elevato».

Che effetto ti fa vedere da domani il tuo nome scritto nell'albo d'oro più prestigioso del mondo, assieme a Coppi, Bartali, Merckx, Hinault...

«Questa emozione l'ho già provata, perché il Tour è sì la più grande corsa del mondo ma non è la sola».

Che cosa è rimasto di quel bambino che andava in bicicletta con papà e gli amici del papà?

«Tutto, perché lo faccio ancora adesso. Quando vado a trovare i miei in Sicilia, vado ancora in bicicletta con il mio papà e i suoi amici. Quelle persone si ricordano di quel ragazzino di sempre e non quello che è ora. E questa cosa mi piace un mondo, perché queste persone ci sono da sempre, non sono arrivate dopo».

Come spieghi che l'Italia è piena di ciclisti che vengono dal sud?

«Perché molti genitori vogliono bene ai loro figli e credono ancora nel valore dello sport, non solo del ciclismo».

Ora che hai vinto tutte le più importanti corse a tappe, penserai a vincere anche le corse di un giorno?

«Chiaro che si. Ci sono corse come il Lombardia, la Liegi o il Mondiale che mi si addicono molto e sono obbiettivi che mi interessano parecchio: in alcune circostanze ci sono anche già arrivato parecchio vicino».

Ma è vero che vuoi fare Giro e Tour nello stesso anno?

«È un progetto, che mi solletica e mi piace».

Tu sei un divoratore di Dvd, ami molto il cinema, quale è il tuo film preferito?

«Uno che mi è restato molto dentro è "La leggenda del pianista sull'oceano».

Ti è piaciuto questo Tour?

«Moltissimo. È stato spettacolare. Sembrava quasi fatto su misura per me, con delle salite molto difficili già nella prima settimana».

Ti piacerebbe il prossimo anno ingaggiare una battaglia con Froome, Contador e Quintana?

«Certo, perché no? Ma se è per questo anche con Wiggins. Ho letto che si vuole dedicare solo alla pista. Io gli dico: ripensaci, torna al Tour».

Quanto è importante per te la famiglia?

«Non penso di essere il solo ad amare la propria famiglia. Non penso che voi siate contenti di stare per lungo tempo lontano da casa. A me pesa. Io per questo Tour ho sacrificato tre mesi della mia famiglia. È logico che sono molto legato ai miei. Più sto lontano e più vorrei stare loro vicino».

È vero che al tuo primo Tour eri abbattuto perché troppi corridori ti finivano davanti?

«È vero, e devo dire anche che oggi devo ringraziare i controlli sempre più esigenti e mirati. Senza quelli oggi non sarei qui. Con il passaporto biologico il ciclismo è cambiato radicalmente, e io sono tra quelli che ne ha beneficiato di più».

Cosa ti aspetti dai Campi Elisi?

«Di rimanere incantato».

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