Sport

"Ricomincio da Milano per risollevare il volley"

«Troppi dilettanti, servono le grandi città Da ct tedesco ho fatto ombra alla... Merkel»

"Ricomincio da Milano per risollevare il volley"

La tuta c'è, il nome è di quelli importanti: Andrea Giani. Che con la Powervolley Milano forma la strana coppia che proverà a rilanciare una città che aspetta il suo palazzetto e giornate di gloria troppo lontane nella memoria: «Mi sarebbe piaciuto giocarci e onestamente avevo anche firmato un contratto».

E poi cosa accadde?

«A causa del vincolo sugli Under 21 non se ne fece nulla. Era il 1991, me lo ricordo benissimo».

Ora ci torna da allenatore, 26 anni dopo...

«E' cambiato tutto. Ai nostri tempi il volley era uno sport di riferimento, organizzato e con televisioni interessate. Oggi siamo tutti dietro il calcio».

Ed è strano, per lo sport più praticato in Italia...

«Purtroppo non siamo professionisti in molte cose, per cui nel momento in cui sei riconosciuto come un dilettante non puoi avere nessuna pretesa; dovremmo diventare professionisti veri, partendo dalle società ».

Non ci sono stati miglioramenti in questo?

«La Superlega ha fatto passi in avanti ma siamo ancora molto indietro. La parte tecnica dagli anni '90 ad oggi è migliorata, quella organizzativa no. E abbiamo dirigenti amatori».

La Lega non può fare nulla?

«In tanti anni è sempre stata dietro ai voleri dei proprietari e non ha sviluppato il volley nei grandi centri».

Come Milano, ad esempio...

«Esatto. Per questo reputo l'esperienza qui un punto importante di arrivo; ma per essere forti bisogna lavorare sulla struttura societaria e sui risultati contemporaneamente. Certo, tutto questo ha un costo; ma Milano arriva da due penultimi e un ultimo posto...».

La parte agonistica non può però rimanere in secondo piano...

«Io sono venuto qui per sviluppare un progetto, che comunque deve per forza partire dai risultati; obiettivi? Centrare i playoff. Ma giocare fuori da Milano è dura».

E nel suo futuro cosa vede?

«Tra due anni, quando scadrà il contratto con la Powervolley, potrei andare all'estero. Voglio proseguire con quello che starò facendo. La regolamentazione sul doppio ruolo ct-coach di club? Non sta né in cielo né in terra, limita la professione».

I playoff al Palalido? Scenario possibile?

«In Germania quando programmi il giorno dopo hai già l'attuazione di quanto deciso; in Italia ci passano mesi. Per cui dico: sarebbe bellissimo, ma c'è da seguire un percorso. Stiamo a vedere».

Proprio con la Germania, agli Europei, ha battuto l'Italia. Che cosa manca al gruppo azzurro?

«Era chiaro che nella struttura di gioco c'erano tante situazioni di criticità. Una su tutte la ricezione. Ed è incredibile notare come il livello da Rio 2016, dove l'Italia ha giocato probabilmente la miglior pallavolo, non sia cresciuto».

Forse è costata e molto la polemica Zaytsev?

«Diciamo che non si doveva arrivare con questa situazione ancora aperta all'inizio della preparazione verso l'Europeo. Non hanno voluto trovare una soluzione».

Com'è cambiata la pallavolo rispetto al vostro periodo?

«Noi lavoravamo sulla tecnica, oggi ci sono schiacciatori che prima non avrebbero mai giocato in Serie A. Il livello tecnico si è abbassato molto».

L'esperienza tedesca cosa le ha lasciato?

«Pretendono che tu faccia quello che sai fare e bene. Loro ti mettono a disposizione strutture che qui nemmeno ci sogniamo e una grande capacita organizzativa».

Qualche esempio?

«Per la World League vorrei portare con me ragazzi del 1999 e del 2000. Che, ovviamente, in quel periodo andranno a scuola. E queste ci manderanno dei tutor al seguito. Pagati da loro, non dalla federazione. Una cosa incredibile».

Il ricordo più bello?

«La semifinale europea trasmessa in diretta tv. Facemmo concorrenza al dibattito politico con la Merkel.

Una roba pazzesca».

Commenti